OMELIA XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno A  LETTURE: 2 Re 4,8-11.14-16a; Sal 88; Rm 6,3-4,8-11; Mt 10,37-42

La formula letteraria può indurre in errore: non c’è un prima o un  poi, c’è un modo c’è una esperienza su cui si fonda il nostro agire e quindi il nostro amore, le cui conseguenze determinano un modo di guardare se stessi,  di trattare le persone, anche le più intime, e con loro tutte le situazioni e le cose.

 

C’è un fondamento, c’è una opzione fondamentale da cui si parte per costruire la vita, ed ogni scelta particolare ne è la piccola costruzione del tutto sino a raggiungere il disegno completo per cui si è scelto di vivere. Siamo abituati a fare tante cose, una accanto all’altra, facciamo fatica a condurle in unità e così viviamo divisi, incapaci di godere di una crescita che corrisponde al cuore.

 

L’amore, ha mille modi di esprimersi, ma una sola sorgente. Si tratta di verificare a quale sorgente attingiamo perché il flusso di acqua che dilatiamo in noi e attorno a noi porti le vere opere dell’amore.

 

Ne4lla società di oggi questo termine è molto confuso, tutti parlano d’amore e ognuno attribuisce un contenuto completamente diverso dall’altro, siamo in una Babele.

Il Cristiano ha un riferimento, ha degli esempi, ha una storia a cui può guardare senza paura per imparare e anche la liturgia domenicale che celebriamo ne è sempre intrisa: Ogni Eucaristia è la celebrazione più grande dell’amore “dare la vita  anche per i propri nemici”…   ce lo ricorda San Paolo nel brano odierno.

 

Per noi Cristiani, è facile capire cosa sia l’amore, anche se difficile il rimanervi: uscire dal nostro Io, per entrare nel progetto di Dio, un progetto sempre capace di generare vita, di essere fecondo il nostro essere e il nostro fare. Un essere fecondo che non nasce prima di tutto da una nostra bravura, ma come per l’illustre donna del libro dei Re, nasce da una obbedienza e quindi da un amore alla legge del Signore. O. come il discepolo di Cristo che da la vita, (amore) per il Suo Maestro, che non perderà la sua ricompensa.

 

Domenica scorsa, al discepolo veniva chiesto di mettere in preventivo il martirio, il gesto sommo dell’amore. Oggi con un altro linguaggio  si chiede la stessa cosa. In entrambi i casi è rassicurato  che “nulla andrà perso” che tutto nella dimensione vera dell’amore diventerà fecondo.

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