OMELIA XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno A

LETTURE: Ez 18,25-28; Sal 24; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32

 

Non è la faccia che si ha che conta, ma il cuore. Il cuore capisce il suo limite, che di fronte all’amore sbaglia, ma, poiché ama, ricomincia sempre, sempre.

C’ è spesso un voler apparire, per il quale si sacrifica tutto, ma alla fine tutto questo non appaga. C’è al contrario un arrancare che spesso sbaglia, ma che non perde mai di vista l’amato e che da questi si sente incoraggiato, sostenuto e questo appaga.

Gesù ci ricorda che pubblicani e prostitute ci precederanno,  certo non perché bisogna arrivare a quello stadio per essere premiati, ma perché questa categoria di persone è conscia della loro situazione, non la nasconde, ed è questa possibilità che favorisce il riconoscere e il chiedere misericordia.

Troppo spesso ci sentiamo bravi, non abbiamo più coscienza del nostro peccato, per questo non possiamo sperimentare la bellezza della misericordia. Troppo cristianesimo misura la sua moralità a partire da una tabella, fossero pure i 10 comandamenti, e non dall’amore ad una Persona. Troppo spesso identifichiamo la fede ad una bravura morale, ma, direbbe il Vangelo: “ anche i pagani fanno così…” dove sta allora la differenza che ci fa Cristiani? Se non c’è a cosa serve essere cristiani?

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