OMELIA XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Anno A
LETTURE: Is 55,6-9; Sal 144; Fil 1,20c-27a; Mt 20,1-16°

 

E’ sempre stata una parabola di difficile comprensione poiché tentati di concepire il lavoro, qualsiasi lavoro, come semplice fatica che va retribuita secondo canoni sindacali.

Quante volte, al contrario, anche nell’esperienza umana c’è un lavoro che come tale appaga e il salario ne è una conseguenza semplicemente legata alle necessità per vivere. Quanto lavoro-amore per la vita e per la crescita della realtà. A chi lo compie, basta a sé stesso senza retribuzione, solo quel poco che serve per reggersi nel quotidiano… .

Il lavoro a cui chiama questo Signore della vigna, è proprio di questo genere, è, per chi lo accetta, la gioia di partecipare ad un grande progetto, capace di per se stesso di una convenienza che appaga profondamente il cuore. Beato chi è chiamato per primo. Beato chi può per tutta la vita e per l’eternità godere di questo privilegio, e gioia grande anche per chi, a causa di motivi che non tocca noi giudicare, potrà parteciparvi anche all’ultimo momento, aderendovi con tutto il suo essere.

Il vero salario, dunque non è quello percepito al termine della giornata di lavoro, chi lo intende così rimane deluso: importante certo, ma per quanto basta per il vivere materiale.   la gioia, il vero salario è quello di esserci a costruire con il Signore il suo regno.

Dio chiama quando vuole, basta rispondere e a tutti sarà possibile gustare la gioia di esserci. Se qualcuno è arrivato prima degli altri ha solo il compito di meravigliarsi di più degli altri, per questa scelta gratuita, vivendola nella gratitudine.

Che bello! Sin dal primo momento della vita ti è stata data la grazia di lavorare al servizio di un grande ideale per la felicità tua e del mondo.

Non c’è un prima o un dopo c’è un esserci capace come richiama il profeta di riconoscere il Signore quando si fa trovare: “Cercate il Signore, mentre si fa trovare”

Certo, come un nota bene, se il cristianesimo è percepito come un peso che una tradizione obsoleta ci ha tramandato, ridotto ad una morale e non ad un incontro d’amore, allora arrivare alla prima ora è stata un sfortuna  …  Beato chi si salva all’ultimo momento dopo una vita fatta secondo i propri istinti. Ma un ragionamento come questo per il Cristiano non può reggere, basterebbe il coraggio di un giudizio vero.

Nell’incontro con Cristo, in qualsiasi momento della vita accada,  c’è già l’albore di quella pienezza che fa di ogni istante l’anticipo del premio eterno, e fa della vita quotidiana una esperienza degna di questo nome.

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