OMELIA IV DOMENICA DI QUARESIMA (Domenica del cieco nato)

Anno A

LETTURE: 1 Sam 16, 1b.4a. 6-7. 10-13a; Sal 22; Ef 5, 8-14; Gv 9, 1-41

«Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio.    E in che consiste l’opera di Dio: Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi».

Chi sono quelli che non vedono e quale la condizione per vedere così chiaramente da diventare a loro volta testimoni della “Luce”?                                                                                                                                                                            

Nella prima lettura c’è già un primo criterio: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». Nel Vangelo addirittura un cieco dalla nascita, cioè uno che ha una chiara consapevolezza, quella di un grande limite, imposto dalla natura e impossibile a risolversi con mezzi umani.

Davide diventerà “il Re” per definizione del popolo d’Israele, Il cieco nato, inconsapevolmente, ma con tutta la forza che nasce da una reale esperienza, il giudice di chi crede di vedere: “Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo”:

Il “vedere” e riconoscere Cristo “Luce del mondo che viene ad illuminare le tenebre in cui si trova”, il «Credo, Signore!», è descritto come un cammino, fatto da un continuo giudizio alle cose che accadono. La fede, che ha il suo inizio in un avvenimento che colpisce, per diventare adulta, deve incontrarsi e scontrarsi con la realtà e da essa trarne le conseguenze:

“L’uomo che si chiama Gesù…” «È un profeta!..” “Se costui non venisse da Dio… “Figlio dell’uomo…” ” Signore!”

Un cammino che sfocia in una fede adulta che sarà capace di confondere e mettere in difficoltà i dottori della legge, gli studiosi di teologia, i religiosi del tempo, una fede che regge anche di fronte alle prese di posizione e alle obiezioni di chi sembra più vicino, e per definizione dovrebbe aiutare: Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla».

Il racconto si chiude squalificando chi “crede di sapere”, chi crede di essere arrivato, chi cita la Bibbia per supportare le proprie idee, ma rimane cieco di fronte alla vita e ai suoi avvenimenti. Una pratica religiosa che si fonda su un tradizionalismo che non è più radicato nella memoria delle grandi opere che Dio ha fatto, uccide l’uomo, e diventa inciampo addirittura per chi vorrebbe “credere”. Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

la conclusione sopra descritta, non sembra essere lontana da noi e da tanti battezzati quando ci sentiamo a posto, quando ci avviciniamo alla fede con il già saputo, incapaci di lasciarci mettere in discussione neppure dalle più piccole provocazioni.La lettera di San Paolo oggi proclamata, non fa sconto a nessuno: “Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente.”

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