OMELIA XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Anno A   LETTURE: Is 45,1.4-6; Sal 95; 1 Ts 1,1-5b; Mt 22,15-21

 

Nel Vangelo troviamo spesso un Gesù che tutte le volte che è provocato semplicemente  da domande trabocchetto, risponde che frasi lapidarie che chiudono il discorso: ciò che gli interessa, infatti, è il cuore dell’uomo, non la soluzione di piccoli o grandi problemi. Ha troppo rispetto della nostra libertà  per imporre schemi prefissati.  Un cuore rinnovato, al contrario,  sa stare di fronte a tutto con l’intelligenza della fede e giocare di volta in volta la propria libertà con risposte che possono essere anche, di volta in volta, tra loro contrastanti a secondo delle varie circostanze.

La frase pronunciata da Gesù nell’episodio odierno è una di queste; Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»

 

L’interpretazione che se ne fa, spesso abusata e non confermata dalla  tradizione, è la divisione dei poteri: da una parte quello spirituale con le sue autorità e i suoi dogmi, dall’altra quello temporale con le sue leggi che non devono necessariamente concordare con i criteri della fede. Da qui il pericolo presente nelle convivenze attuali:  quello di passare da uno stato teocratico, come nel passato, ad uno stato il cui fondamento  è il laicismo il tutto, erroneamente, confermato dal Vangelo. ( Laicismo, termine da non confondere con laico).

 

Nell’ omelia domenicale il compito catechetico dovrebbe essere semplicemente affermato per  sostenere quello Eucaristico della celebrazione: (guarda che cose grandi ha fatto per te il Signore, sappi meravigliarti e ringraziare!), affrontare il tema di come il Cristianesimo si è posto di fronte al potere così detto temporale è arduo e impossibile (ecco l’importanza della catechesi ordinaria abbondantemente elargita dal magistero della chiesa). Le lettura ci  indicano però, un approccio non trascurabile.

 

Isaia:  ogni autorità procede dall’alto e chi ne è investito deve avere la consapevolezza che ogni sua scelta, anche se inconsapevole, porta avanti un progetto che non è suo, è più grande di Lui e che deve servire  quella realtà.  La verifica sta nell’essere certi di contribuire alla grandezza dell’umano, paradossalmente identificato nell’idea che tu “sei uomo nella misura in cui dipendi da chi ti ha fatto”.  Dio si rivolge a Ciro,   “io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca.”, ma perché? “perché sappiano dall’oriente e dall’occidente che non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n’è altri». Perché l’uomo sappia che non è Dio a sé stesso.

 

Ecco perché sin dall’inizio i Cristiani hanno sempre pregato e ubbidito al re e all’imperatore, chiunque esso fosse, e lo hanno fatto e continuano a farlo sino a quando questi non pretende di  identificarsi con Dio stesso, sostituendosi a Lui, Il Martirio è la testimonianza suprema di questo Credo

 

Questa semplice idea è cresciuta nel tempo e si è sviluppata sempre di più in diverse forme che la storia richiedeva, sino ai giorni nostri, dove la Chiesa riconosce l’autorità dello stato “laico” e, ripeto,  non laicista e chiede ad ogni suo fedele di essere leale con le sue leggi.

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