OMELIA DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE

Anno A LETTURE: Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27,66

 

Ci introduciamo nella grande settimana santa con lo sguardo e il cuore rivolto al Crocefisso.

Leggeremo La Passione così come ce l’ha da sempre consegnata l’Evangelista Matteo. In questa narrazione, Cristo si presenta alla fede Cristiana come il Pantocrator, il protagonista per eccellenza che non subisce la situazione ma la sa accogliere e vivere così da poter portare a compimento le scrittura, “Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?», dirà a Pietro che lo vuole difendere mentre l’arrestano, e dove tutti gli uomini che assistono al Suo grande Sacrificio non potranno che, alla fine, esprimere con grande convinzione la fede dei soldati: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

 

Cristo dunque non subisce la realtà delle cose, me in essa riconosce la strada della sua vocazione, quella per cui si era incarnato. Il grande inno di San Paolo ai Filippesi, oggi ascoltato, descrive in modo sublime questo fatto dentro cui Egli si coinvolge in piena libertà per “la gloria di Dio Padre”, espressione del cui significato abbiamo imparato a riconoscerne il contenuto domenica scorsa.

 

E’ un inno che potrà accompagnarci in questi giorni e, come un ritornello, toglierci dalla distrazione e farci rientrare continuamente nella contemplazione grata e stupita del mistero che celebriamo.

 

Avremmo dovuto introdurci in questa grande liturgia con il rito delle palme e degli ulivi: un gesto semplice che ci avrebbe aiutato a dire il nostro grazie e a leggere tutto ciò che sta accadendo in funzione alla Resurrezione. Così ci avrebbe ammonito la liturgia: «Questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore… Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione… Chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce per essere partecipi della sua risurrezione».

 

Il gesto più grande dell’amore, infatti, non può rimanere nel sepolcro. Ogni gesto d’amore è sempre un morire a noi stessi, ai nostri criteri, al nostro mondo, ma un morire per rifiorire, perché la vita ritorni ad essere quella ricevuta nel Battesimo, quella di Dio, che il peccato, purtroppo, ha “mortificato” (Lazzaro)

 

In questi giorni la nostra società è percorsa da terribili segni di morte, tutti in un modo o in un altro, ne stiamo sperimentando la drammaticità. Noi siamo certi che ne usciremo vincitori, perché tutto questo male è contrastato da una grandiosa schiera di uomini e di donne che eroicamente stanno donando la propria vita fino al sacrificio supremo, sacrificio che unito a quello di Cristo non potrà che salvare il mondo. Guardandoci attorno scopriamo in questi fatti, il cuore della Pasqua; giocando in essi la nostra libertà, sapremo mettere in discussione le nostre certezza che spesso hanno emarginato Dio dalla vita, e, come tutto il creato, sotto la croce, riconoscere così la sua “gloria”.

 

Per tutti l’augurio che questo tempo, resi più consapevoli dal Sacrificio di Cristo e da quello di tanti nostri fratelli e sorelle, sia per tutti noi una grazia

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