OMELIA IV DOMENICA DI PASQUA

Anno B

LETTURE: At 4,8-12; Sal 117; 1 Gv 3,1-2; Gv 10,11-18

“Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati”.

Una affermazione forte, chiara che nasce non da una pretesa, ma da un dono: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore.”

Un dono che ci riporta al primitivo progetto della creazione, l’essere Figli dell’unico Padre: “Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”

Al di fuori di questo progetto c’è solo dispersione e morte: “Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore”.

A qualcuno dunque importa la nostra vita e per essa dà la Sua. A qualcun altro al contrario, la nostra vita serve solo per un suo progetto, e se questo dovesse venir meno ci “disperde”, ci abbandona e ci lascia nella solitudine più profonda.

La vita nuova donata dalla Pasqua ci associa profondamente come figli al Figlio, ci pone nel mondo con questa grandezza che diventa servizio per tutti coloro che anelano ad una umanità non serva del mercenario di turno, capaci di dare la vita, come il Fratello maggiore, Cristo Gesù, perché nessuno vada perduto.

La giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che oggi si celebra in tutta la chiesa cattolica, è memoria di questo compito che ognuno di noi è chiamato a vivere in modo specifico nello stato di vita a cui la sua storia personale lo ha condotto, matrimonio o verginità.

Il tema di quest’anno indicato dal Papa è questo: “Chiamati a seminare la speranza e a costruire la pace” Il documento che ci ha offerto come riflessione termina con un grande invito: “Mettersi in gioco”.Svegliamoci dal sonno, usciamo dall’indifferenza, apriamo le sbarre della prigione in cui a volte ci siamo rinchiusi, perché ciascuno di noi possa scoprire la propria vocazione nella Chiesa e nel mondo e diventare pellegrino di speranza e artefice di pace! Appassioniamoci alla vita e impegniamoci nella cura amorevole di coloro che ci stanno accanto e dell’ambiente che abitiamo. Ve lo ripeto: abbiate il coraggio di mettervi in gioco! Don Oreste Benzi, un infaticabile apostolo della carità, sempre dalla parte degli ultimi e degli indifesi, ripeteva che nessuno è così povero da non aver qualcosa da dare, e nessuno è così ricco da non aver bisogno di ricevere qualcosa.
Alziamoci, dunque, e mettiamoci in cammino come pellegrini di speranza, perché, come Maria fece con Santa Elisabetta, anche noi possiamo portare annunci di gioia, generare vita nuova ed essere artigiani di fraternità e di pace.

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