XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO  

Anno A

LETTURE: Zc 9, 9-10; Sal 144; Rm 8, 9. 11-13; Mt 11, 25-30

La grandezza che siamo, ribadita nelle domeniche trascorse, ci è offerta per un compito: portare Cristo e la sua salvezza al mondo intero. Questo “portare” si realizza non in un proselitismo, direbbe Papa Francesco, ma nel dilatare quell’amore che il Signore ci ha testimoniato, vissuto in profonda unità e obbedienza al Padre. Il discepolo dunque guarda al suo Maestro e si lascia modellare continuamente da Lui, ne diventa una cosa sola con Lui, sino ad essere Lui, il Cristo, nel mondo.

La parola “accogliere”, che Domenica scorsa richiamava la nostra capacità di apertura al Mistero, si arricchisce oggi con una testimonianza e un invito.

Una Testimonianza: la prima lettura: Il profeta Zaccaria con pochi ma significativi tratti descrive la figura del Servo di Jawé, di Colui, cioè, che si pone al servizio del progetto del Padre: Egli è umile e viene a noi con strumenti umili ma con nel cuore un grande progetto, spezzare l’arco di guerra e costruire la pace.

Un invito: Il meraviglioso Vangelo odierno. “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore”

Preghiera, Sacramenti, ascolto della Parola, Carità, tutte note che contrassegnano il ministero di Cristo e che devono essere anche per il ministero del discepolo; non come cose da ripetere o ricopiare, ma come momenti che sostengono la vita e la dilatano. Il Padre era un tutt’uno con il Figlio, così deve esserlo per chi vuole continuare la Sua opera.

Una nota. Il Vangelo, quello odierno, la chiesa lo propone in un periodo in cui moltissimi di noi vivono il tempo delle ferie. L’espressione “affaticati e stanchi” che segna la nostra esperienza, dopo un anno di lavoro, ha una origine precisa, la perdita del significato del perché si fanno le cose. La stanchezza schiaccia quando si dimentica il motivo vero per cui vale la pena sopportare la fatica di un’opera. La risposta non è una parentesi, come propone il mondo, ma il recupero vero delle motivazioni perse. Cristo per noi, è la vera risposta. Fermarsi per ascoltarlo, immergersi in quel silenzio che parla del Suo amore per noi, sarà la vera risposta che ridarà gusto al fare quotidiano, gioia all’opera delle nostre mani, che cerchiamo.

Gesù chiama questo significato recuperato “giogo soave”: un ideale grande che chiede sempre la fatica di uscire da se stessi (giogo) ma con un risultato, gustare il frutto della sua proposta.Ritorna la parola “accogliere” una ascesi per un di più nella vita

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