OMELIA IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno A

LETTURE: Sof 2,3; 3, 12-13; Sal 145; 1 Cor 1, 26-31; Mt 5,1-12°

In profonda unità con Gesù, siamo chiamati ad un compito che prima di tutto è testimonianza: ci si innamora infatti di una vita e non di un discorso. Nelle Beatitudini troviamo descritta la “vita” che testimonia il Volto del Padre, vissuta da Cristo e dal discepolo.

Se approfondiamo le nove beatitudini di Matteo ci accorgeremmo subito che dopo aver proclamato la prima di esse: “”Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”, con altre otto chiariamo e sviluppiamo il tema di questa affermazione. La parola “Poveri”, qui, non è intesa prima di tutto come una condizione sociologica, la povertà materiale è sempre una dimensione negativa, soprattutto per chi è chiamato a viverla senza averla scelta, ma una disposizione interiore che informa il proprio agire in qualunque stato uno si trovi. 

«Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero». Proclama Sofonia. Già nell’AT i profeti andavano contro corrente, infatti, per tutti ricchezza e fecondità erano sinonimo di benedizione. Bisognava ora cominciare a convincersi che altri erano i valori, confidare nel nome del Signore, non commettere iniquità, vivere nella sincerità, lavorare con dignità… tutto ciò diventa possibile quando c’è un cuore che riconosce, e fa tesoro dell’Alleanza che Dio ha stabilito.

Gli fa eco san Paolo: Chi sceglie Dio, per portar avanti il Suo progetto d’amore? Chi è debole, chi è fragile, chi nel mondo conta poco, perché appaia con chiarezza dove sta la consistenza di chi fa: non nella propria bravura, ma nel proprio affidarsi.

Essere poveri nello Spirito in una società consumistica e materialistica è una impresa ardua. Per il mondo, infatti, dove sta la vera consistenza, chi banalmente è proclamato “Beato”? A chi si ricorre per dare giudizi alla vita, se non ai “sapienti e agli intelligenti” lontani da Dio, che si costruiscono fama sui mezzi di comunicazione, urlando ogni giorno che la Sapienza che viene dall’Alto, non può permettersi di avere cittadinanza in questo mondo?

La ricchezza del mondo non è in sé un male, “tutto è grazia proclama San Paolo, ma può diventare tale quando le nostre speranze si affidano ad essa e ritenendola il bene fondamentale, noi la sostituiamo a Dio e per ottenerla siamo disposti a tutto, anche quello di calpestare il fratello, fino ad odiarlo:

Nella nostra società, nella chiesa, esistono persone che hanno scelto la povertà come ideale di vita. Paradossalmente coloro che la incarnano veramente sono persone che inconsciamente attraggono, e sarebbe interessante chiederci il perché!. Chi non guardo con stupore un San Francesco o per stare ai nostri tempi un Fratel Biagio Conte di Palermo, morto il 10, Gennaio c.a.…. Persone che arrivate a questo stato di totale abbandono a Dio hanno saputo generare un popolo, riscattandolo da quei mali provocati dall’attaccamento ai beni materiali.Ci sono anche i Poveri, così detti “economici”: non vogliamo qui esaltare l’indigenza, spesso frutto del peccato del ricco, (non necessariamente ricco ”economico”, ma ricco in quanto ricurvo su di sé, egoista….). le diseguaglianze sociali nascono da un uso distorto dei beni ricevuti… Il Povero dicevamo, siccome è presente in mezzo a noi, entra nel piano di Dio come provocazione alla nostra libertà, come invito a toccare con mano il risultato di aver capovolto le Beatitudini, e come invito a sanare, con la consapevolezza di aver ricevuto per tutti, il divario che si è creato.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

I commenti sono chiusi.