OMELIA XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

Anno C

LETTURE: Es 32, 7-11. 13-14; Sal 50; 1 Tm 1, 12-17; Lc 15, 1-32

Leggevo in questi giorni una frase all’interno di una intervista al segretario di Papa Benedetto XVI, ripresa da un libro di un grande domenicano: “La Chiesa è intollerante nei principi, perché crede, e tollerante nella pratica, perché ama. I nemici della chiesa sono tolleranti nei principi, perché non credono, e intolleranti nella pratica perché non amano”

La verità che la Chiesa annuncia, non le appartiene le è data da Chi l’ama e conosce profondamente l’umano di cui è costituita e sa dove sta la sua vera realizzazione. Ma proprio perché ama sa che questa realizzazione è un cammino, ha un punto in cui si radica, ma anche una strada da percorrere per giungere al traguardo, strada segnata da grandi doni, ma anche dal limite e dalla povertà che ognuno si porta in sé. Lo sbaglio è dunque parte integrante di questo lavoro.

Ma come è possibile superare lo sbaglio? Riflettendo sull’esperienza, ci si accorge che il primo passo è darci e ricevere fiducia: “Io non sono quello sbaglio, Io sono perché amato”.  Anche se sbagli, sentirsi abbracciato da chi ti sta accanto perché capisce che desideri ciò che è vero e buono per la tua vita, è un’esperienza che vorremmo tutti vivere. Dal bambino che dopo aver fatto i capricci, riconosce la sua pretesa e il genitore che ne ammira l’atteggiamento da piccolo adulto e lo perdona, gli darà maggior fiducia di prima, all’adulto che soffre perchè non capisce il motivo per cui è emarginato quando sbaglia, magari dopo avercela messa tutta e in buona fede.

San Paolo nell’epistola odierna afferma con forza:” Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io” e come mi ha salvato? “ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, così che io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.” Cioè, dopo che ho capito e riconosciuto i miei errori, Cristo mi ha testimoniato, una grande fiducia, da costituirmi addirittura Apostolo così che tutti vedano che è possibile diventare ciò che sono, nonostante il mio male passato.

Nel Vangelo di oggi abbiamo letto la parabola della pecorella smarrita e avremmo dovuto leggere la stupenda parabola del Padre Misericordioso: Perché è stato possibile il riscatto della pecora smarrita e quello del Figlio Prodigo? Perché per quel Pastore, e per quel Padre, pecorella e Figlio, andati lontano sono un valore così grande da rimanere tale anche nei momenti in cui se ne vanno lontani! La pazienza vissuta nell’attesa che l’altro possa riconoscere il proprio sbaglio, nasce dell’amore. Una attesa pronta a dare fiducia e a far festa appena spuntano i segni che dicono il desiderio di ricominciare. Riconoscere il proprio sbaglio e desiderare di riprendere il cammino lasciato per la durezza del proprio cuore, è sempre l’atteggiamento umano più grande che ci possa esistere e ne vale la festa con il vitello grasso.Il Fratello maggiore non comprende questa logica perché è semplicemente “bravo”, dimentica la legge dell’amore, perché ne ha una sua, quella del dovere, per cui entra nella categoria di chi è intollerante nella pratica, appunto perché non ama. Ritenendosi a posto, reputa inconcepibile tutto ciò che non rientra nei suoi schemi

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