Anno C
LETTURE: Gn 18, 20-21. 23-32; Sal 137; Col 2, 12-14; Lc 11, 1-13
«Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Era tradizione in Israele che ogni gruppo religioso si distinguesse da un altro per una “preghiera specifica” che veniva recitata dagli appartenenti: ecco giustificata la domanda dei discepoli: siamo anche noi un gruppo religioso, qual è la preghiera che ci contraddistingue dagli altri? Gesù Risponde.
La prima considerazione parte ancora dai temi svolti nelle domeniche precedenti: Chi è il Cristiano? in che consiste il culto che rende a Dio? Dicevamo che il Cristianesimo non è una religione, ma una fede, e questo, allora, deve apparire anche nel modo di rapportarsi a Dio, nel dialogo della preghiera.
Se il Cristianesimo fosse una religione ridurrebbe Dio a un bene di consumo, a un facile rimedio alle proprie insufficienze, peggio, alle proprie pigrizie. E potrebbe ridurre l’uomo ad un essere che scarica le proprie responsabilità su un altro che poi va convinto con le proprie “preghiere” a cambiare atteggiamento nei propri confronti….
Ma il Cristianesimo è, dicevamo una fede, un rapporto di confidenza e di amore per cui la preghiera è l’emergere di questo rapporto. E’ una libera risposta al Dio che si rivela e che parla, un’azione di grazie per i grandi eventi che Egli compie per il suo popolo. La preghiera è perciò, per prima cosa, risposta piuttosto che domanda. Ne è l’esempio lo stesso Gesù, “quando si ritirava a pregare”; viveva un rapporto di intimità dentro cui metteva tutto sé stesso in ascolto del Padre per “domandare” di vivere poi della Sua volontà: “Padre non la mia ma la tua volontà”. Una volontà che ha il suo culmine nel Mistero della Croce, nel dare la vita per l’opera di un “Altro” (il Padre) che portando a compimento l’offerta di sé per il mondo, lo salva. Momento supremo di intercessione che ha nella preghiera di Abramo una profezia.
La preghiera del Cristiano è dunque modellata sulla preghiera di Gesù, il Figlio per eccellenza, sia negli atteggiamenti che nelle parole che domandano il compimento dell’opera d’amore del Padre, su di sé e sul mondo intero.
La preghiera è tutta la vita per…. Ma essa, come altre esperienze della vita stessa, (pensiamo alla carità), ha un suo momento espressivo quello della Parola, quello del discorso che, non sono prima di tutto formule da noi inventate o modellate sullo stato d’anima del momento, ma formule “date”. Parole, espressioni che ci invitano nelle varie situazioni della vita a mettersi nell’atteggiamento di cui sopra (offerta di sé al Padre, perché si compia in noi la sua volontà). Pensiamo ai salmi che la chiesa mette sulle labbra del Cristiano ogni giorno nella recita dell’ufficio divino, pensiamo alla preghiera liturgica a cui spesso partecipiamo più preoccupati di portare all’altare i “nostri legittimi bisogni” più che ascoltare l’Amore del Padre che in Cristo, lì, dove si fa Parola, si fa Sacrificio, si fa Comunione con noi per il mondo intero.
Se è vero tutto quanto sopra, un posto fondamentale nella preghiera ha il “Silenzio”, come dimensione “normale” di tutta la vita. Silenzio, è la posizione giusta per “ascoltare il Mistero” nei segni della vita, per domandare (preghiera) la capacità di leggerli e seguirli. Questi segni sono le Sue provocazioni, per vivere “la Sua Volontà”, che è la nostra Pace.