OMELIA IV DOMENICA DI QUARESIMA   

Anno C

LETTURE: Gs 5,91.10-12; Sal 33; 2 Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32

Il male c’è, è attorno a noi, ma è anche dentro di noi, ma l’ultima parola non sarà mai il male, ma per chi lo riconosce e ne domanda la liberazione, l’ultima parola è la misericordia. Come già espresso nella domenica trascorsa, la misericordia è un cammino che ha come traguardo la Festa del Perdono. La Cena dell’Agnello.

La meravigliosa parabola odierna può essere considerata la sintesi di questo cammino. Vediamone i passaggi, i momenti già accennati nella liturgia di domenica scorsa, verranno arricchiti anche dai testi di domenica prossima.

Primo passo: Il male c’è e ha il suo culmine nel lasciare la casa del Padre per usare secondo un proprio criterio i doni ricevuti

Secondo passo: questo criterio porta alla dissoluzione, alla distruzione dei doni ricevuti.

Terzo passo: il tentativo di ricostruire con le proprie mani e il relativo fallimento

Quarto passo: forse si stava meglio, quando si credeva di stare peggio: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 

Quinto passo: Si alzò e tornò da suo padre.

Sesto passo: “Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.”

Settimo passo: nessuna recriminazione, ma si faccia festa, con “il Vitello grasso” e la riconsegna dei segni che lo dichiarano nuovamente “Figlio” e non servitore.

Ma la Parabola non finisce qui, c’è anche un Figlio maggiore, quello bravo, quello ligio al dovere, quello che non capisce tutta sta baraonda per un figlio che se ne era andato dissipando tutto… c’è un figlio che non capisce la misericordia, perché la ritiene assurda: “la vita è una cosa seria e io lo sono, altre strade non possono essere accettate”  “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».                                                                      

Pensandoci bene anche il Figlio maggiore ha un peccato da farsi perdonare, quello di non riconoscere di essere sempre stato amato e di avere la fortuna di un simile Padre.  “Suo padre allora uscì a supplicarlo.” Anche per lui è possibile la misericordia e ravvedersi e condividere la festa con il fratello: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;”  ma leggendo la parabola sembra che questa sua “giustizia” gli abbia impedito di farne esperienza: è IL DRAMMA DI CHI SI RITIENE A POSTO. Come per il di Israele la schiavitù termina con l’entrare nella terra promessa e con lo sperimentare la gioia della conquista con il gustare, in un momento di festa, i frutti di quel luogo, così per il Cristiano il termine di questo cammino diventa, anche per lui, la gioia di cibarsi, con i fratelli tutti, come lui perdonati, del Banchetto Eucaristico, dove nei segni del Sacrificio, Cristo, pane e vino, fa Comunione con noi e ci trasforma in Lui: di nuovo, come nel Battesimo Figli nel Figlio

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