OMELIA VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno C 
LETTURE: Ger 17,5-8; Sal 1; 1 Cor 15,12.16-20; Lc 6,17.20-26

 

Nelle domeniche trascorse Gesù si è manifestato, chi lo ha riconosciuto e ha iniziato a seguirlo ha compreso che nulla è più come prima. Il rapporto nuovo con Dio, quello di essere Figli nel Figlio, rivoluziona totalmente la vita e fa nascere un’etica nuova, appunto quella dei Figli.

 

Gesù con la sua vita è il primo testimone di questa rivoluzione e nel grande discorso delle Beatitudini riassume per i discepoli, i Figli nel Figlio, le nuove esigenze nate da questo incontro. Nel Battesimo, accogliendo Cristo, ci si coinvolge con la Sua missione divenendo Uno con Lui, e con la vita si è chiamati a dilatare nel tempo e nello spazio le esigenze di quanto accaduto.

 

La vecchia legge era formulata “in negativo”, “non…”, ora il nuovo comportamento è indicato “in positivo”: non più un male da evitare, ma un bene da costruire sin al dono totale di sé come Cristo testimonia. La nuova natura di Figli, accolta e alimentata, ci porta ad esprimere semplicemente questo. Non uno sforzo titanico, ma la naturale conseguenza di un dono ricevuto, di una natura nuova che vince il male perché coinvolta nel mistero della resurrezione di Cristo.

 

“Beati”, felici, realizzati… se accogliere questa dimensione con le relative conseguenze vissute non come prezzo da pagare, ma come “vanto”, gioia di essere partecipi dell’unica realtà che porta a compimento le attese vere del cuore, che rende liberi da qualsiasi schiavitù umana per essere totalmente Figli.

“Guai”, sfortunati, incapaci di umanità vera se vi accontenterete della logica del mondo, del tutto e subito: “perché avete già ricevuto la vostra consolazione”. Una ricompensa effimera che può durare il soffio di un a vita, ma che esclude dal grande compito affidato ai Figli, quello di “salvare” il mondo.

Vorrei sottolineare un pericolo che nasce spontaneo guardando alla nostra povertà spirituale, quella di vedere queste affermazioni come “utopia”, come un bel discorso, per pochi, per addetti ai lavori… un discorso che ci sente sconfitti prima di affrontarlo.

Forse ci è chiesto di guarire prima di tutto il “nostro errore di prospettiva”. Dicevamo sopra non uno sforzo che va contro corrente e chiede una energia impari, ma la natura nuova di Figli, resa sempre più cosciente ed evidente nella comunione di vita con Cristo, nella chiesa e nei suoi Sacramenti. “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. “ (Gv 15,5).

Senza di me non potete fare nulla, nulla…! Al contrario ”Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli”.(Gv 15, 8)

Dobbiamo vincere il nostro “moralismo”, ecco perché la Beatitudine che introduce e sostiene tutte le altre è La Povertà: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.” o per dirla con la prima lettura e il meraviglioso salmo da meditare parola per parola: Beato l’uomo che confida nel Signore.” “È’ come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.”

 

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