Anno B |
LETTURE: Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28; Mc 12,28b-34 |
Ascolta, Israele … Il pio Israelita ripete tre volte al giorno questa preghiera. Essa è continua memoria di ciò che rende grande la fede, indicando un metodo per non tradire il dono ricevuto: essa esprime la professione in un Dio unico (v. 4), il compendio di tutta la legge nel comandamento dell’amore (v. 5), infine il ricordo dell’alleanza (vv. 10-12).
Fare memoria, è il primo vero atteggiamento del credente: ridirsi continuamente a chi si appartiene, guardare all’amore di cui si è amati, che è ciò che da consistenza alla nostra vita: ”Io sono, perché amato, perché voluto da Lui”. Io non sono definito da altro, non dai miei limiti e neppure dai miei successi, che oggi ci possono essere ma domani no. “Io sono, Tu che mi ami!”
Fare memoria, che l’Amore è la legge della vita, cioè ciò che fa essere me, fa essere anche tutto ciò che mi circonda: I miei rapporti imbevuti da questa legge, che è la mia esperienza, dovranno essere della stessa natura verso chiunque incontro, se voglio che essi siano vita.
Fare memoria: che tutto questo è grazia: Grazia nella sua origine, grazia nel suo compimento, perché il mio limite il mio peccato, che fondamentalmente ha una sua origine, il mio ego-ismo, è continuamente riscattato dal Sacrificio di Cristo. Ci ridice oggi, l’autore della lettera agli Ebrei: “Egli, Cristo possiede un sacerdozio che non tramonta, perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.”
Fare memoria: Come la tradizione Ebraica, cosi la tradizione cristiana ci ha consegnato, questo grande compito: lo vive il monaco sette volte al giorno, interrompendo sette volte il suo lavoro, lo fa la chiesa con la recita dell’Ufficio divino che santifica le ore del giorno, dal mattino sino al coricarsi della sera, lo dovrebbe fare ogni battezzato con le preghiere del mattino e della sera e dell’Angelus al mezzogiorno. Un tempo, ma anche oggi, le nostre campane suonavano e suonano in questi momenti della giornata per toglierci dalla distrazione e aiutarci a questo compito, senza il quale il vortice della vita ci assorbe, ci trascina e ci impedisce di rendere “umano”, cioè segnato dalla legge dell’amore, ogni gesto che compiamo, rapporti, studio, lavoro …
I comandamenti di Dio non sono imposizioni, sono indicazioni perché la vita sia vita, sia ragionevole: i suoi comportamenti abbiano un fondamento, sia feconda capace di generare: sappiamo che solo l’Amore genera!
Gesù oggi elogia il buon dottore della legge, perché ha capito il cuore della legge: Nell’amore tutto è ricompreso e tutto è riscoperto come dono perché tutto viva e nell’abbondanza.