Anno B |
LETTURE: At 9,26-31; Sal 21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8 |
Un’altra similitudine per ridirci la consistenza del nostro rapporto con Cristo risorto, nato nel Battesimo: la vite e i tralci. Con quel Sacramento siamo diventati uno, della stessa natura, rimaniamo tali perché ci alimentiamo della stessa linfa, e insieme portiamo frutti che allieteranno la vita dell’uomo, perché ci lasciamo potare dall’unico grande agricoltore, il Padre.
E’ sempre bello ritornare al nostro Battesimo e vivere nella gratitudine per essere stati ri-generati, generati di nuovo, come disse Gesù a Nicodemo e, con la natura umana, donata dai nostri genitori, in quel giorno, ci è stata data un ‘altra natura, quella divina, e non per modo dire, ci è stato detto domenica scorsa, ma realmente: Figli di Dio.
Una natura, come quella umana, ricevuta in seme e come quella, da sviluppare, da rendere adulta attraverso un cibo che qui è chiamato linfa.
L’ Eucaristia celebrata e ricevuta diventa quel nutrimento che rende “robusta” questa natura divina e ci fa capaci di quei frutti che sono della stessa specie di quelli portati da Gesù: i frutti dell’amore. La lettura della lettera di San Giovanni traduce perfettamente questa affermazione: “Questo è il suo comandamento: che crediamo e ci amiamo.” Il verbo “Credere”, non esprime semplicemente un assenso dell’intelligenza, ma una disponibilità del cuore, fidarsi per lasciar scorrere in noi la sua linfa, che ci fa vivere come Lui: “Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato”
Questa vite dà il meglio di sé perché il Padre, che è l’agricoltore, la pota. Ha fatto così con Gesù, lo ha fatto con Paolo (vedi prima lettura), lo fa con tutti coloro che hanno scelto di lasciarsi plasmare a immagine del Figlio Suo; Figli nel Figlio.
Anche se non tutti hanno la conoscenza diretta della potatura, tutti sappiamo che è un momento fondamentale perché la pianta si irrobustisca e le gemme che rimangono diano il meglio. Togliere ciò che è superfluo, ciò che disperde le energie per concentrarle meglio sui restanti frutti: La maestria dell’agricoltore qui è fondamentale …. Fidarsi di lui è motivo di vera sapienza.
L’operazione potatura chiede un processo che porta a dare un “volto” nuovo alla pianta: è un perdere qualcosa di sé: ciò che è più vecchio, malato, perchè possa poi crescere più bella, più armoniosa, più forte, più ricca. Certo, l’idea del tagliare ci porta a pensare subito ad una perdita di qualcosa ma che poi, se si ha il coraggio di accettarla, ha come risultato una ricchezza nuova.
Anche il Cristiano non può sottrarsi a questa esperienza, e la Pasqua continua a dirci che tutto ciò che è vissuto in obbedienza al grande Agricoltore è per la vita, anche se passa dalla morte.