OMELIA XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Anno C   LETTURE: Gn 18, 1-10; Sal 14; Col 1, 24-28; Lc 10, 38-42

 

L’ospitalità è gesto Sacro per il popolo d’Israele, è espressione alta della Comunione Cristiana. Oggi,  in una società come la nostra, individualistica e ricurva su di sé, essa chiede di essere riscoperta nella verità del suo essere: segno di una presenza, che Dio offre al nostro cammino quotidiano, per  provocare, per commuovere, per rendere presente alla nostra vita il Suo Amore. E’ la logica dell’Incarnazione, è la logica della fede che professiamo.

 

La Parola “ospitalità”, in questi giorni,  non può che richiamare a noi tutti le problematiche legate ai grandi flussi migratori. Non vogliamo qui dare un giudizio, sarebbe  troppo complesso per noi, ma vogliamo, partendo da ciò, semplicemente sottolineare una realtà storica: L’Europa è sempre stata luogo di grandi spostamenti, di grandi migrazioni, interne ed esterne, non solo oggi, ma, nei secoli scorsi, ovunque gli uomini arrivassero, a qualsiasi cultura appartenessero, trovavano sempre in queste nostre terre, una esperienza cristiana solida, matura, che li sapeva integrare e offrire loro il fascino di una vita  “che nasceva dalla fede in Gesù”, e non da politiche migratorie. (Pensiamo alla regola di San Benedetto che fa dell’Ospitalità un dovere Sacro. Interessante sarebbe leggere tutto il cap. 53 per capire l’aggettivo “cristiana”) Una presenza che oggi non c’è più, e là dove sembra sussistere ancora, la vediamo spesso profondamente coperta dalla ideologia del pensiero dominante, per questo incapace di dare contenuto vero a certe parole, che continuano ad essere pronunciate (vedi la parola ”Integrazione”) ma senza il dovuto spessore.

 

Le grandi problematiche non si risolvono prima di tutto con leggi ad hoc, ma con l’educazione del cuore, diremmo noi cristiani, con la conversione.

 

L^Altro è un dono per la tua vita, perché tu ti senta  amato dal Tuo creatore, che ti ha voluto e che non ti abbandona, e che nei momenti più impensati ti si ripresenta nel volto delle circostanze per ricordarti che le Sue promesse, nei tuoi confronti, non sono state dimenticate. L’Altro davanti al quale, o cerchiamo di sbarazzarci perché arriva nel momento meno opportuno, oppure, al contrario, l’altro che cerchiamo di colmare di attenzioni, ma dimenticando di Lui, come nel Vangelo di oggi, il perché della sua presenza.

L’Altro, Sacramento dell’Amore di Dio, accoglierlo come se si accogliesse Lui, ecco il cuore e il culmine della fede e della carità cristiana.

Abramo al querceto di Manre, accoglie i tre ospiti, che la tradizione ha immortalato nella grande Icona di Andrej Rublëv,  come il Dio Trinità d’Amore,  si mette a disposizione e accoglie da loro la conferma della promessa che già gli era stata fatta. “Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”.

Maria nel Vangelo, sceglie la parte migliore, non perché

bisogna dimenticare i riti dell’ospitalità, ma perché è necessario sostenerli con la coscienza del chi è Lui, l’ Altro:  questo è il primo passo da compiere per riconoscere ed accogliere, e non le nostre attenzioni “esterne” dettate più da un galateo che da una coscienza retta,  per far sentire l’arrivato,  a suo agio.

Che belli questi due quadretti di vita ordinaria, ma quale grande insegnamento!  Qui li riassumo riprendendo il primo versetto della regola di San Benedetto sulla ospitalità: parole che hanno costruito la civiltà cristiana ed hanno integrato e fatto dell’Europa dei diversi popoli un unico continente
“Tutti gli ospiti che arrivano, siano ricevuti come se fossero Cristo Signore; poiché egli dirà un giorno: Fui ospite, e voi mi riceveste. — Ed a tutti sia reso conveniente onore, ma molto più a quelli della nostra stessa Fede e ai pellegrini  …..”

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