OMELIA V DOMENICA DI QUARESIMA

 

Anno C  LETTURE: Is 43,16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11

 

«Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?

 

Penso che questo bellissimo versetto del profeta Isaia proposto dalla liturgia odierna, sia  il cuore dell’annuncio odierno: La misericordia di Dio, infatti, non può ridursi ad una semplice dimenticanza del male commesso,  al contrario,  stupendo a dirsi, questo male diventa la materia per una creazione nuova:  “ va’ e d’ora in poi non peccare più”…

guardiamo alla storia …“non ve ne accorgete!?”

 

Se, infatti, quanto sopra sembra utopia basta guardare ai grandi Santi, da Pietro che dopo il tradimento può dire con una coscienza rinnovata “Tu sai, Signore che ti amo” per dare inizio poi al grande compito di “confermare i Fratelli”, a S. Agostino che, dopo il grande girovagare tra le tante esperienze negative della vita, approdando al fonte Battesimale di Sant’Ambrogio potrà affermare: “Signore ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te.”  E …. potremmo continuare sino ai giorni nostri, prolungare l’elenco all’infinito: Un nome ancora per tutti: il servo di Dio Jacques Fesch, francese, ghigliottinato il primo Ottobre 1957. Aveva solo 27 anni., Dopo una vita drammatica, rapine … uccisioni … l’esperienza del perdono, e la santità fiorita in un carcere Parigino.

 

Il meraviglioso Vangelo dell”Adultera” porta in sé i segni di una misericordia che a differenza di quella umana non giudica e, come il Padre del Figliol prodigo, prende spunto per indicare l’esperienza che riscatta e costruisce: “ E Gesù disse: «Nè anch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

 

Quando ci confessiamo tra le indicazioni pedagogiche che la chiesa indica c’è il proposito e la soddisfazione o penitenza, parole che hanno bisogno di essere ricomprese, perché il Sacramento celebrato sia davvero quel nuovo battesimo che  cambia la nostra vita.  Riconoscere il proprio male è prima di tutto “grido” perché ci venga dato in dono (per-dono), ciò che con il nostro comportamento abbiamo distrutto, e poi apertura a quell’ impegno che attraverso le opere di carità dilata al  mondo intero il “dono” ricevuto.

 

Colpisce come tutta la tradizione della Chiesa abbia indicato nella penitenza “che espia la moltitudine  dei  nostri peccati”  (Prima lettera di Pietro 4,8) l’esercizio delle sette opere di misericordia spirituale corporale. E’ lì, in quell’apertura, che la “cosa nuova” prende inizio in noi e attorno a noi.

Se sopra abbiamo visto l’esempio dei Santi, ora siamo invitati a guardare alle opere di carità che sono state e sono il fiore all’occhiello della vita ecclesiale. Quanti ordini religiosi nati per testimoniare un particolare carisma capace di abbracciare il bisogno dell’uomo, quante opere caritative anche nelle nostre comunità parrocchiali e diocesane per iniziare a costruire, qui, ora, questa”cosa nuova” che sana il male commesso.

 

Avvicinandoci alla Pasqua, immergendoci nei Sacramenti Pasquali, il passo da compiere è chiaro. Primo segno sarà offrire per la carità il nostro digiuno quaresimale, piccolo germe che unito a tanti altri darà inizio a quei cieli e terra nuova che avranno il loro compimento nella Gerusalemme celeste, “dove ogni lacrima sarà asciugata e non ci sarà più né morte, né pianto, né lutto perché le cose di prima sono passate” (apocalisse)

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