OMELIA XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Anno A    LETTURE: Ez 33,7-9; Sal 94; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20

 

In una società individualista come la nostra dove il principio di libertà , affermato e preteso in maniera ideologica, è vissuto come la conquista delle conquiste, parlare di correzione fraterna, parlare di  un cammino che affermi la verità nella nostra vita riconoscendone i passati sbagli, è impresa titanica. L’accoglienza dei giudizi proposti dalla chiesa davanti al dilagare del tutto e del di più, nel migliore dei casi è ritenuto come un parere tra i tanti … prove ne è che la coscienza del peccato è sparita dal nostro popolo, palese a tutti è la crisi del Sacramento del perdono e là dove è ancora accolto e frequentato, per una mala concezione della tradizione, l’accusa del peccato è sostituita spesso, al semplice problema che si ha, da risolvere possibilmente, quasi come una magia, dove il giudizio del ministro della chiesa si riduce alla fine, alla sua bravura o meno di consigliare, e non certo di giudicare …. !

 

Non si tratta oggi semplicemente di denunciare una simile situazione: chi vive l’esperienza della chiesa ne è, bene o male consapevole, si tratta di riproporre una esperienza in positivo dove il cammino di conversione è possibile sperimentarlo all’interno di una amicizia vera, (solo l’amore mette in ascolto!) dove i giudizi sono verificati alla luce delle esigenze fondamentali del cuore, dove l’esperienza del per-dono è percepita come un dono, che fa crescere la propria umanità, svelando la menzogna del mondo e offrendo una possibilità che nella vita “conviene”.

 

Nel dire quanto sopra, ho presente il cammino organico e preciso, offerto ai vari appartenenti a movimenti e associazioni cristiane, dove il lavoro serio e continuato di confronto  con una Parola autorevole, ascoltata, meditata, ruminata, giudicata  e infine sperimentata porta a grandi conversioni e con esse il recupero della coscienza del peccato e del proprio male che trova alla fine l’esigenza dell’abbraccio misericordioso del Padre nel Sacramento della Confessione come sbocco naturale di questo cammino.

 

Ma perché in un movimento in una associazione cristiana è possibile questo lavoro?

Perché questi luoghi sono caratterizzati da una vera amicizia, dove la comunità cristiana ha un volto di persone che sento appassionate alla mia vita e che, come é nella natura dell’amore, non mi giudicano, ma insieme si cammina nella ricerca del bello, del giusto e del vero.

 

Se la chiesa rimane, come spesso sembra che sia, una agenzia di servizi religiosi, tutto ciò che è offerto ma non richiesto, resta lettera morta nella vita, anzi   viene percepito come una violenza alla mia “legittima” aspirazione di “autorealizzazione” (Io sono,non per un dono che mi fa crescere, ma per la presunta e orgogliosa certezza  che solo le mie forze, le mie scelte faranno grande la mia vita).

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