OMELIA V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno B

LETTURE: Gb 7,1-4. 6-7; Sal 146; 1 Cor 9,16-19.22-23; Mc 1, 29-39

Seguendo Gesù in queste domeniche, scopriamo che “meraviglia” non semplicemente perché “parla con autorità”, ma anche “guarisce con autorità” il male fisico che, in ultima analisi, è sempre espressione esterna di un male più profondo:  “Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

Potremmo allora dare un titolo al Vangelo odierno: Gesù e la malattia, Gesù e i malati: Il problema della sofferenza nella concezione cristiana della vita. Banalmente, il richiamo odierno, potrebbe essere, ad uno sguardo più attento e meno superficiale, un aiuto alla celebrazione della giornata del malato che la chiesa celebra ogni anno l’11 febbraio, festa della BV Maria di Lourdes.

Come per ogni dimensione umana, anche il mistero della sofferenza e del dolore viene affrontato gradualmente nella Bibbia, ne fa testo il libro di Giobbe che nel brano di oggi imposta il problema lasciando poi la risposta alla lettura completa del libro ma soprattutto all’opera di Gesù, davanti al dolore altrui, e al mistero della sofferenza che accompagnerà gli ultimi istanti della sua vita.

Per Giobbe: “La malattia e la sofferenza che accompagnano la nostra vita generano uno stato di paurosa insicurezza. Esse incarnano la debolezza e la fragilità umana, sottoposte all’eventualità dell’inatteso e dell’imprevedibile. Questa condizione umana contrasta con il desiderio di assoluto, di stabilità e di sicurezza che pervade ogni uomo, e rende la sua esistenza poco desiderabile” ( www.maranatha.it)

Gesù è venuto per salvare l’uomo, non può disattendere questa situazione, anzi vincerla è testimoniare l’amore di Dio che abbraccia tutto l’uomo, ecco perché esige come primo atteggiamento la fede, quella che Gesù ha dimostrato verso il Padre nel Mistero della Pasqua. Non per nulla la guarigione della suocera di Pietro è descritta con il verbo della resurrezione: “la fece alzare”. Senza fede l’opera sarebbe incompiuta. Questa affermazione presuppone che la malattia non sia concepita come un castigo, ma come una prova alla quale l’uomo è chiamato a rispondere con la totalità del suo essere.

In Gesù poi, la sofferenza non è riconducibile ad una semplice prova, ma diventa lo strumento per assumere su di sé il bisogno umano nelle sue varie esperienze e portare a compimento le sue attese nella Resurrezione.L’uomo, essere sociale, è sanato dal “Fratello maggiore”, chiamato a soffrire a nome di tutti e per la grande fede nel Padre a ristabilire la piena armonia del creato, “dove non ci sarà più né lutto, né dolore, né morte”. A qualcuno Gesù chiede il coraggio di “imitarlo” nella stessa esperienza. A Tutti, ma soprattutto a questo “qualcuno” Egli non farà mancare la sua presenza e il suo aiuto, con i Sacramenti della Sua Chiesa, che Egli ha lasciato perché quella fede che salva non venga mai meno. Tra tutti un Sacramento che forse poco conosciamo e poco chiediamo: l’Unzione dei malati.

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