OMELIA DOMENICA FRA L’OTTAVA DI NATALE

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ MARIA E GIUSEPPE

Anno B

LETTURE: Gn 15,1-6; 21,1-3; Sal 104; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40

La liturgia di questa Domenica dopo il Natale è contemplazione di quella famiglia cuore di questo avvenimento, e con Lei di tutte quelle Famiglie che hanno saputo accogliere e vivere il progetto di Dio pensato per loro.

Quali le realtà che le accomuna?                                                   

L’obbedienza, la fede che rende capaci di generare figli a Dio, chiamati a loro volta a continuare nella stessa esperienza personale a costruire una umanità che corrisponde ai disegni di Dio.

L’obbedienza, non priva di prova, è il primo passo per essere fecondi, per educare la propria istintività e per dirigerla ad una consapevolezza chiara: Dio fa incontrare i suoi figli, valorizzando ciascuno per ciò che è, per affidare loro un compito, la propria realizzazione personale, e nello stesso tempo, un edificare insieme una storia che possiamo chiamare “sacra” perché, comunque si esprima, è sempre per la salvezza del mondo intero.                                                            

Solo la fede rende possibile una tale disponibilità. La fede non è mai cieca è il frutto di un rapporto che si instaura tra Dio e L’uomo, dove l’uomo capisce che questa presenza nella sua vita è conveniente perché tutto ciò che chiede è alla fine sempre per un positivo, anche quando la proposta sembra “assurda”       

La fecondità, intesa nel suo significato più totale, non può mai essere indirizzata ad un proprio fine. Se è tale veramente, genera vita in tutti i sensi avendo  in sé le caratteristiche dell’amore, è un dono per tutti, perché aiuta tutti ad adempiere il disegno di chi ci ha chiamato. I figli che ci sono affidati, per esempio, sono per Lui e non per noi. E’ sotto gli occhi di tutti che i tentativi di mortificare la fecondità per il proprio egoistico piacere, riduce l’amore, intristisce i rapporti, rende chiusa la famiglia, la condanna alla sterilità, il cui risultato è sempre una storia di male per sé e per il mondo intero.

Tutti i personaggi che la liturgia odierna ci ha proposto portano scritti nella loro esperienza le caratteristiche di cui sopra.

I patriarchi, mossi dalla fede, generano un popolo: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». La prova a cui viene sottoposto Abramo è perché capisca che il figlio, ricevuto per grazia, non è per sé, ma per un disegno che Dio portava sull’umanità

Maria e Giuseppe, per la stessa fede, accettano un matrimonio “vergine”, con le relative conseguenze, la loro fecondità qui non ha paragoni, la storia a cui danno inizio è la salvezza del mondo.

Simeone ed Anna, donando la loro vita, sempre per fede al servizio del tempio, in attesa delle promesse di Dio, toccano per primi la salvezza del SignoreDa ultimo, lo stesso Bambino, generato da una storia di fede e di obbedienza, il cui culmine sarà la croce, diventerà a sua volta il campione di abbandono totale al Padre da poter generare la salvezza dell’umanità

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