OMELIA XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno A

LETTURE: Es 22,20-26; Sal 17; 1 Ts 1,5c-10; Mt 22,34-40

La fede di Israele non è mai caduta in un dualismo: O Dio, o l’uomo, ma ha sempre riconosciuto un Dio che sta a fondamento di ogni suo comportamento. Recuperare la Sua presenza in ogni istante della vita è riscoprire la logica che da essa nasce è tutto il lavoro che la tradizione ha compendiato nella legge. Dio non è Colui che comanda, è Colui che da l’esempio e la forza per agire come Lui, e in nome Suo.

Il Dio d’Israele è il Dio della Creazione, che vuole l’uomo a Sua Immagine e somiglianza. E’ il Dio dell’esodo che vuole ogni uomo libero, come Egli è libero, da ogni schiavitù. Il Dio di Israele non è un Dio che sta lassù e impone agli uomini i suoi capricci, è un Dio che “cammina con Te”, per condurti nella terra “dove scorre latte e miele”, è un Dio che da tutto perché si abbia la vita e la si abbia in abbondanza. Il nuovo testamento esprimerà tutto questo con una parola “Dio Amore”

Riconoscere questa logica, significa, abbracciarla, farla propria, come il figlio vive della natura del Padre e della Madre, così l’uomo, creato “come Dio”, non può che dilatarne al mondo questa stessa Sua natura.

Colpisce la prima lettura: conseguenza di quanto affermato, una legislazione così attenta all’uomo, all’uomo più fragile “perché io sono pietoso”; forse nessun ordinamento giuridico oggi è ricco di questa stessa attenzione.

Certo, per Israele era un atteggiamento da riservare “al prossimo”, cioè al vicino, al parente, al membro della stessa tribù e dello stesso popolo.  Ma sappiamo anche che Israele era stato scelto per un cammino che avrà il Suo punto più alto in Cristo il quale dilaterà l’idea di prossimo a tutti gli uomini, offrendo Lui per primo la vita anche per i nemici. Tutto del resto accade dentro un cammino, le cose grandi non si improvvisano, anche l’amore all’estraneo e al nemico è tra queste cose.

Queste brevi considerazioni per sottolineare dunque che non esiste un amore a Dio e un amore al prossimo come se fossero due cose distinte o magari contrapposte. La Chiesa ha sempre combattuto qualsiasi tipo di “spiritualismo” che arriva a disprezzare l’umano per rifugiarsi in Dio e all’opposto a qualsiasi attivismo che non si fondi su una Comunione vera con Dio. Ambedue gli atteggiamenti dimenticando il riferimento su cui poggia la propria esperienza, cade nel pericolo di strumentalizzare Dio e anche l’uomo per un proprio tornaconto. Un Dio senza l’uomo, diventa “oppio dei popoli”, Un uomo senza Dio diventa Egli stesso un piccolo dio che compie le cose secondo un suo criterio e a lungo andare per un proprio profitto, fosse pure la gloria personale di apparire “buoni” come un certo modo di vivere che chiamiamo semplicemente umanitarismo.

L’amore è una esperienza troppo seria per fondarlo sulle nostre fragili forze, sul nostro volubile sentimento.

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