XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

FESTA DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

Anno A

LETTURE: Dn 7,9-10.13-14; Sal 96; 2 Pt 1,16-19; Mt 17,1-9

In questa circostanza gli Orientali cantano un’antifona molto espressiva dopo la comunione: ìdomen tò phòs (abbiamo visto la luce), la luce della risurrezione che rifulge sul volto di Cristo, il Figlio del Dio vivente, infatti, questa festa, che nasce in questa tradizione, è considerata la Pasqua estiva.

Una Luce, accompagnata da una parola: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

Una Luce che prepara i discepoli al cammino che fra non molti giorni dovranno sperimentare quello della Croce, Un dramma, una fatica che per essere affrontata deve avere la certezza che l’obbedienza al Padre passa si per la vie strette della Sua volontà, ma ha un fine la pienezza nostra e di tutto il creato.

In una delle domeniche trascorse, aiutati dal Vangelo, richiamavamo come la fatica, che è il mestiere della vita, non schiaccia se ha una motivazione, e più grande è la motivazione, più volentieri si accetta il peso chiesto.

Come per Gesù, così come per i discepoli, essere certi che gli avvenimenti che stanno per accadere chiederanno il coraggio di abbandonarsi ad una logica totalmente diversa, non toglierà la fatica, ma renderà capaci di accoglierla, di offrirla, di viverla per un bene più grande. (Trasfigurazione)

Tutta la vita cristiana è una “ascesi”, un salire verso una meta dove croce e resurrezione sono due facce dello stesso momento.  La Liturgia del Venerdì santo non può dimenticare la Pasqua, come la Pasqua non può dimenticare il Venerdì Santo. Questa logica di Obbedienza. dicevamo chiede il coraggio della fatica del morire a sé per affermare il progetto di un Altro, ma è l’unica condizione capace di vera comunione, che è anticipo di vita eterna. L’antico e il nuovo testamento insieme, La Trinità Santissima e la Chiesa presente in albore nei tre discepoli. Tutto testimonia che solo aderendo alla volontà del Padre, resa incontrabile nell’esperienza di Cristo costruisce quell’amore che avrà nella croce il Suo segno più alto e che il Padre premierà nella resurrezione.

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