OMELIA V DOMENICA DI PASQUA

Anno A

LETTURE: At 6, 1-7; Sal 32; 1 Pt 2,4-9; Gv 14,1-12

«Signore, mostraci il Padre e ci basta»

La domanda di Filippo è in ognuno di noi, basta farla emergere: Signore facci vedere dove sta il nostro compimento, la risposta a tutte le nostre attese…

Gesù non dà una risposta diretta, ma indica l’unico Lavoro necessario: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.”. Non vi insegno la via… ma, io sono la via… Seguire, coinvolgersi, diventare uno con ma, “io sono nel Padre e il Padre è in me.”

Cristo non è, prima di tutto un maestro, non è venuto ad insegnare una nuova dottrina, una nuova morale, ma a donarci una nuova natura che porterà poi in sé una nuova consapevolezza del proprio essere e che agirà offrendo i frutti di questo nuovo essere, l’Amore Trinitario. “Chi rimane in me, compie le opere del Padre” anzi ne compirà di più grandi di quelle che ho compiuto Io”: La grande storia della Chiesa lo testimonia.

Ribadisce San Pietro nella sua lettera Pasquale: “ Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.”  Il Battesimo ci ha innestati in Cristo e ci ha abilitati a proclamare con la vita le grandi opere di Dio.

Gli atti degli Apostoli, nel brano odierno danno un esempio concreto di questo “Sacerdozio regale” che compie le “opere di Dio”. Annuncio della Parola, del criterio nuovo che sta alla base della vita Cristiana, e Carità nell’istituzione dei diaconi.        

La liturgia odierna, ancora se non bastasse, vuole ricordare una cosa semplice ma fondamentale: il Cristiano è colui che compie le “Opere di Dio”: esse rispondono al desiderio dell’uomo di incontrare nel suo bisogno concreto la risposta che cerca, la Salvezza che Egli offre in ogni tempo e in ogni latitudine. A differenza delle “opere” semplicemente umane, che si fermano al semplice e momentaneo bisogno; così facendo rischiano di dimenticare il motivo ultimo per cui l’uomo è fatto.Non è un male preoccuparsi del bisogno materiale di chi ci sta accanto, ma rischia di esserlo se lo si assolutizza, dimenticando che tutto deve compiersi per la “salvezza” totale dell’uomo. Fondamentale questa precisazione sempre, ma soprattutto nel compito educativo che l’adulto è chiamato a svolgere. Ancora: portare la salvezza di Cristo, poi, non può ridursi alla semplice preoccupazione che i propri figli si accostino ai Sacramenti della Iniziazione Cristiana, essi, in quanto tali, sono momenti importantissimi, ma come sostegno di una vita che già c’è e che si preoccupa di crescere e di tradurre nel comportamento la novità della Pasqua,  La visione di Cristo sull’uomo e sul mondo, abbandonando giorno per giorno gli schemi del mondo, come direbbe San Paolo.

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