OMELIA XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno C

LETTURE: Dt 30, 10-14; Sal 18; Col 1, 15-20; Lc 10, 25-37

Il culto nelle religioni è l’insieme di tutti quegli atti posti in essere, capaci di propiziarsi la divinità, per entrare in rapporto con essa, e così beneficiare della sua benevolenza.

Gli Ebrei e i Cristiani, al contrario, quando vivono la loro vera religiosità, sanno che il loro rapporto con il loro Dio non può essere legato ai gesti di cui sopra, ma a quel comportamento di vita che scaturisce dall’obbedienza all’alleanza, patto che Egli ha voluto perché l’uomo “sia felice”. I gesti del culto, posti, allora, non hanno come primo fine quello di accattivarsi Dio, ma quello di rendere, grande l’uomo. “Sacrificio a Dio gradito” è tutto ciò che realizza l’umano, portandolo a compiere il progetto del Suo Creatore: vivere ad immagine Sua. Ricordiamo la bellissima frase di Sant’Ireneo: “La gloria di Dio è l’uomo vivente”.

Ci aiutano a comprendere queste affermazioni le grandi invettive dei profeti, che la liturgia ci fa leggere e meditare soprattutto in quaresima. Un esempio tra i tanti: “Dice il Signore. Io non so che farmene dei tuoi sacrifici, mi da nausea il fumo dei tuoi olocausti, questo piuttosto è ciò che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo!
Dividi, allora il pane con l’affamato, introduci nella tua casa i miseri, i senza tetto, vesti chi vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?” (Isaia). Gesù riassumerà questo forte richiamo con un’altra meravigliosa frase: “Misericordia Io voglio e non sacrifici (Mt 12,1-8) che pronuncerà durante il culto in una sinagoga.

Del resto, che cosa è la Messa che celebriamo ogni domenica se non l’Offerta di Cristo e della Sua vita per la salvezza di ogni uomo?” “Questo è il mio Corpo dato per Voi, questo è il mio Sangue sparso per Voi”. Una celebrazione che invita ciascuno di noi a fare “comunione” con Lui per ad uscire dalla chiesa con un impegno preciso: “Fate la stessa cosa, in memoria di me”

Ecco allora il significato della parabola oggi ascoltata: Levita e Sacerdote non si fermano perché sono diretti al tempio per offrire i Sacrifici e la legge levitica della purità impediva loro di sporcarsi con il Sangue …  Il samaritano al contrario non era legato a quel precetto diventando così il simbolo del nuovo culto, e ancor di più del vero culto cristiano: infatti se per l’antico testamento l’amore era al prossimo, cioè al vicino, a colui che era parte del proprio clan, ora, per il nuovo testamento l’amore è anche al nemico, come lo era il Samaritano, per il povero Ebreo incappato nei ladri.

Allo scriba che chiede lumi a Gesù su quale sia il più grande comandamento, ecco la risposta: Dio si onora con il culto dell’amore, donato a tutti, nessuno escluso, ma sopra tutto ai nemici: «Va’ e anche tu fa’ così».

Un ultimo corollario: Gesù è il primo e vero Sacerdote che da culto a Dio Padre, perché “Egli offri a Dio se stesso e – come ci richiama oggi San Paolo – per mezzo di lui sono riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli” Ancora, il Libro del Deuteronomio ci ricorda paradossalmente che questo comando che Dio ci da non è così lontano dalla nostra esperienza così da non comprenderlo, al contrario è iscritto nel nostro cuore: “Amare ed essere amati” è il desiderio vero di ogni persona.

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