OMELIA II DOMENICA DI QUARESIMA

Anno C 
LETTURE: Gn 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28b-36

“Proclamare che Gesù è il Signore” ci ricorda san Paolo, è fondamentale per non essere “delusi”.  Egli è ricco con coloro che lo invocano

Terminavamo così l’omelia di domenica scorsa. Riscoprire e rivivere in profondità il nostro Battesimo significa fare realmente questa esperienza.

Un’esperienza che Dio non ci ha indicato con un discorso, con delle leggi, ma con una compagnia resa concreta dalla vita un popolo che Egli ha scelto: Da testimonianze di uomini e donne che incontrandolo in Cristo, hanno visto, hanno toccato, hanno potuto dire: «Maestro, è bello per noi essere qui.».

Quella luce che ci è stata consegnata nel giorno del Battesimo è stata un dono per “vedere” che l’affidarsi, conviene sotto tutti gli aspetti, sia materiale: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza», «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». sia spirituale: “«Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa».

Se la prima parola della quaresima è stata “ASCOLTARE” la seconda, quella di oggi, potrebbe essere “VEDERE” Questa seconda esperienza, come del resto la prima, ha bisogno di fermarsi, uscire da noi stessi, andare verso…, così come hanno fatto i tre discepoli, accettare la fatica della salita … necessita di un “DIGIUNO” del nostro correre, un digiuno della nostra supposta autosufficienza, una capacità di contemplazione, certi che molti nostri fratelli, come i discepoli, non solo sono saliti sul Tabor, accogliendo l’invito di Gesù, ma “affascinati” da quell’incontro sono ritornati nel quotidiano completamente cambiati. Una vita più intensa, più umana, più feconda per sé e per i fratelli. Una vita di cui vale la pena “GUARDARE”

Una vita, direbbe San Paolo, resa spettacolo al mondo e agli angeli (1Cor. 4,9)

Che ne sarebbe stato di Abramo se non fosse stato capace di accogliere l’invito del Signore ad USCIRE e per GUARDARE lo spettacolo che Dio voleva mostragli?

Che ne sarebbe stato dei tre discepoli, davanti agli eventi che stavano per accadere, completamente inaspettati per la loro storia e formazione, se non fossero stati aiutati da quella visione del Tabor e da quelle Parole del Padre, a conferma?

“Fratelli, ci ha ricordato san Paolo, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi.”

I Santi, non sono prima di tutto da pregare, sono uomini e donne da guardare, di cui contemplarne la vita, per comprenderne dove poggia la loro consistenza…”CERCATE ogni giorno il volto dei santi e trovate riposo nei loro discorsi” (Didaché  IV, 2)

In mezzo al delirio di tanta onnipotenza quanta “carità” che commuove e ci ricorda che quella è la regola della vita se vogliamo rimanere umani: C’è il rischio di accontentarsi nel dare, per far tacere quel criterio che è anche in noi, e che forse esercitiamo nel nostro piccolo regno: Bisognerebbe fermarsi per guardare, non le cose date, ma l’umano che si offre e la fonte di tutta questa capacità di dono. In mezzo a tanta morte, anche fisica, questo è veramente il seme di quella società che vorremmo da subito fiorisse, rimanendo una grande distesa d’amore anche in tempi ordinari.

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