OMELIA XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno B
LETTURE: Ez 2,2-5; Sal 122; 2 Cor 12,7-10; Mc 6,1-6

 

Il preconcetto uccide anche le attese più vere del cuore!

 

E’ nell’istinto dell’uomo percepire chi, attorno a sé, corrisponde alle domande vere del cuore, per esempio quanto cerchiamo amicizie, quando  davanti a persone significative viene  spontanea la frase“vorrei essere come Lei … vedo in Lei quello che vorrei essere Io”. Quando si  è semplici, quando si ha il cuore del bambino tutto questo è naturale: “voglio essere come il mio papà, come la mia mamma …”, ma quando si cresce in età e ci si sente autosufficienti, questo sentimento, quando affiora, e affiora perché il cuore c’è, si rischia di soffocarlo, brandendo scuse che tendono a giustificarci davanti alla provocazione ricevuta ….  E così, come gli abitanti di Nazareth,  perdiamo occasioni offerte alla vita …!.

“Ed era per loro motivo di scandalo. ….   E lì non poteva compiere nessun prodigio,”

 

Il profeta Ezechiele parla di cuore indurito, incapace di riconoscere la propria storia e il metodo di Dio che ci si avvicina attraverso i fatti e i volti delle persone, le più disparate, dalle più lontane alle più familiari:  La grande pagina delle Beatitudini, non a caso, e al contrario,  esalta come fondamento della vita cristiana la povertà dello Spirito, come l’unica dimensione capace di meraviglia, di stupore, di gratitudine sempre …. di apertura del cuore, disponibile a farsi mettere in discussione e a lasciarsi prendere per mano per un ulteriore cammino.

 

C’è un cristianesimo, drammaticamente pericoloso, composto da “arrivati”: Frasi che spesso vengono pronunciate senza la dovuta consapevolezza del tipo: “Che si vuole ancora di più da me?  …  non rubo, non commetto adulterio,  pago le decime”  discorsi da fariseo nel tempio, di lui Gesù ebbe a dire: “Io vi dico, il pubblicano tornò a casa giustificato, il fariseo, che andò per pregare, con un peccato in più, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 18,14)

 

Nella seconda lettura, viene descritta la pedagogia di Dio per tirarci fuori dalla nostra autosufficienza. I nostri peccati, quando continuamente ripetuti, ci danno la consapevolezza del fallimento: “Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia.” …   “A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia».

A noi che misuriamo la fede dal riuscire, come se fosse una qualsiasi dimensione dell’ opera dell’uomo, Dio ci ripete che ciò che conta non è la nostra bravura, ma l’affidarsi alla sua Grazia, quella che ci fa sentire amati,  “nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce”  Nei fallimenti della vita, che umilmente offriamo a Lui nella certezza che tutto è dono,  per mendicare Lui, l’unica esauriente risposta al nostro niente.

 

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