OMELIA V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno B 
LETTURE: Gb 7,1-4. 6-7; Sal 146; 1 Cor 9,16-19.22-23; Mc 1, 29-39

 

I profeti, quando descrivono l’avvento del Regno, parlano di guarigione dalle malattie incurabili: gli zoppi cammineranno, i ciechi avranno la vista, … Il Messia che inaugura questo tempo si manifesta anche attraverso questi segni.

La guarigione non è l’atto di un taumaturgo, ma il gesto del salvatore degli uomini Marco descrive il fatto della suocera di Pietro,  usando il verbo della resurrezione. (la fece alzare). Questo episodio diventa così la chiave di lettura di tutte le altre guarigioni: l’uomo che incontra Cristo e si coinvolge con Lui, parteciperà della sua vittoria, diventa un risorto, un uomo nuovo.

Il libro di Giobbe, nel brano odierno descrive con realismo la vita dell’uomo; lasciato a se stesso, giunge a dire  “I miei giorni scorrono più veloci d’una spola,
svanisco­no senza un filo di speranza”.  Vivere senza speranza, vivere schiacciati dai condizionamenti che ci circondano e non vedere una via d’uscita è drammatico. Colui che pretende di salvare l’uomo non può non guardare a questa situazione esistenziale e offrire una via di uscita. L’uomo infatti  fatto per la felicità cerca di sfuggire a questa situazione e se non incontra la risposta giusta si rifugia nei surrogati.

“ Tutta la città era riunita davanti alla porta“ “Tutti ti cercano”. Quando l’uomo s’accorge di avere accanto a sé la risposta che cerca, si mette in movimento e non si ferma sino a quando non ha sperimentato la risposta.

Il male fisico è certo di una evidenza che non lascia tranquilli e mette in movimento,  a differenza del male spirituale, che spesso è ignorato  e deviato, ma Gesù non dimentica neppure questo, liberando coloro che sono indemoniati, coloro che vivono secondo la logica che è contraria alla vera natura umana, coloro che si lasciano possedere da false speranze.  Tutto l’uomo chiede di essere salvato! Guai accontentarsi solo dell’esteriore …

Accorrere da Gesù, sempre !  Spesso la nostra preghiera è domanda di salute fisica,  se ci si ferma a questo si rischia di illudersi, è ridurre Il Salvatore a un taumaturgo … Nel progetto di Dio anche il mistero del dolore ha un suo compito, accogliere la Sua volontà non significa arrendersi, ma abbandonarsi ad un progetto che Cristo stesso ha percorso, e che porta ad una certezza, la resurrezione. Lo sperimenterà lo stesso Giobbe che alla fine, chiamando Dia a giudizio, s’accorgerà che tutto è grazia e che Dio non toglie nulla  se non per ridonarlo in un modo centuplicato oggi qui e poi nella vita eterna.

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