OMELIA III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno A  LETTURE: Is 8,23b – 9,3; Sal 26; 1 Cor 1,10-13. 17; Mt 4,12-23

Per la nostra comunità Pastorale: festa della famiglia

Il potere ha messo in prigione la voce che lo disturbava.

Ma in quel momento un altro uomo, Gesù, l’uomo del vero cominciamento, crea subito un’altra piccola pattuglia di uomini destinati a portare la buona notizia del regno.

 

Tutto sembra così inadeguato! Questi uomini sono pescatori senza cultura, presi da paesi e ambienti lontani da quelli che contano («Che cosa può venire di buono dalla Galilea? »)

Eppure Gesù, per cercare collaboratori, non va nelle scuole dei dottori della legge, non passa nei palazzi della politica, perché Gesù non ha bisogno dei dotti e dei potenti, ma solo di uomini capaci di portare una speranza.

Queste frasi che introducono la nostra riflessione prendendo spunto dall’odierna liturgia sembrano in un certo modo la descrizione della famiglia d’oggi.  Il potere culturale, politico ha distrutto la vera concezione della famiglia cristiana, e sta cercando in ogni modo di sostituirla con altro,  appellandosi ai vari “diritti” tutto sta diventando lecito, e ciò che è da sempre acquista per l’uomo comune, il sapore di superato  ….

Eppure la Chiesa non si stanca di annunciare il “bell’amore” e lo affida ai semplici, a coloro che sanno aprirsi a Lui, Signore della vita e della storia, Icona dell’amore, lo affida a coloro che non hanno paura di lasciare tutte  le proposte del mondo per abbracciare un compito che sembra impossibile: “impossibile agli uomini, ma non a Dio!”, dirà Gesù.

Con il profeta Isaia possiamo ben dire che senza la luce di Cristo, siamo in un pantano: Abbiamo bisogno di riscoprire quella certezza che Cristo annuncia: “ il vangelo del Regno, che guarisce da  ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.” E questo, per ritornare a Isaia, perché ci sia la gioia “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.”.

Il Cristiano riceve nel Battesimo una chiamata, come i primi discepoli essa ci impegna a lasciare tutto per mettersi al servizio  del regno di Dio. Un servizio che non è un nostro sforzo, ma una sequela che sa mettere a Sua disposizione tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo.

La chiamata al matrimonio e quindi alla famiglia rende “adulta” questa risposta e la concretizza in uno stato di vita che offre le proprie persone ad un progetto non nostro ma di Dio, diventa, cioè Sacramento del Suo Amore. Una vita, una esperienza che rimanda a Lui, a quell’Amore Trinitario che lo costituisce e che si rende continuamente presente in una fecondità che arriva a dare Il “Figlio” perché “ci sia la vita e la vita in abbondanza”

Essere segno sacramentale dell’amore di Dio, è impossibile all’uomo, ma non a Dio, affermavamo poco sopra: Sposarsi in Chiesa e non alimentare questa chiamata con la vita della Chiesa è senz’altro impossibile sostenere il cammino intrapreso, ma affidarsi a Lei diventa tutto possibile. Fuori metafora una famiglia che non prega, non vive i Sacramenti, non si confronta con la parola di Dio, ma costruisce a partire solo da un proprio buon progetto, è destinata a fallire, senz’altro come famiglia cristiana, e a volte anche come famiglia naturale …. La realtà insegna!

La preghiera di oggi è anche un impegno: rinnovare come Cristiani la consapevolezza della nostra chiamata battesimale, resa  “adulta” nella vocazione Matrimoniale.

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