OMELIA III DOMENICA D’AVVENTO

Anno A   LETTURE: Is 35,1-6a. 8a.10; Sal 145; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11

 

 

E’ la domenica della gioia perché “ il Signore è vicino”, ma è anche la domenica in cui questa gioia dovrebbe essere espressione di una riscoperta del Natale vero, che porta alla  gratitudine per un dono che supera l’attesa.

C’è infatti un pericolo quello di avvicinarci a questa festa con un pre-concetto, con una idea nostra di quanto sta per accadere, di un Natale già visto, in cui basta ripetere certi riti, certe consuetudini e la festa è fatta, salvo ad accorgersi poi, il giorno dopo, che tutto è rimasto come prima, anzi peggio di prima, perché l’attesa del cuore vero, quello non narcotizzato dalla pubblicità imperante, non ha trovato corrispondenza.

 

Questo pericolo forse con un altro accento lo ha corso anche Giovanni Battista: quel  Cristo di cui sentiva parlare non sembrava essere quello che lui aveva preannunciato, di fatto, ha bisogno, Lui il grande predicatore, di una conferma, di un giudizio:   «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».  Gli inviati torneranno con una risposta che non è una affermazione, ma una testimonianza che traduce concretamente ciò che il profeta Isaia aveva annunciato del Messia: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!», Fatti concreti, non sentimenti pur buoni!

 

E’ significativa questa titubanza di Giovanni, dove il più grande tra i nati da donna, dimentica Isaia, prediligendo altre profezie, forse più centrate per il momento storico che si stava vivendo, parzializzando così la figura di “Colui che sta per venire”.

Da tanti pulpiti continua ad arrivarci l’invito a non parzializzare il Natale, a non ridurlo ad un “sentimento vago di bontà e serenità”,  a quel Babbo Natale che non ha nulla con il Bambino del presepe, a quelle luci che conducono ai supermercati e non a quel luogo, dove, attraverso i sacramenti, ci si immerge in quella grazia che sta per essere riversata sul mondo.

 

Ciò che la tradizione Cristiana ha generato per affermare la grandezza di questo avvenimento, (leggi tutti i segni con cui si celebra oggi il Natale),  se ridotto ad un sentimento, ad un affare commerciale, a rapporti che presto ritorneranno ad essere come quelli di sempre, la Salvezza rimarrà una parola estranea alla nostra esperienza!

 

Nella preghiera di questa domenica il grido della chiesa vuole essere più forte, più consapevole per impedirci di cadere nel solito tranello: “Vieni Signore Gesù”.

Un grido che in questi giorni si dovrà tradurre in un lavoro concreto: La novena del Natale, l’accostarsi ai sacramenti, i gesti di carità che non si accontentano di una elemosina, ma che dovrà tendere alla condivisione concreta di un bisogno, attraverso tempo, denaro, cuore che si converte  all’altro, riconoscendo in lui il volto del Bambino di Betlemme.

 

San Giacomo nell’epistola di oggi, ci ricorda che il frutto che stiamo per  accogliere è grazia, come il seme che cresce nella terra e diventa maturo nel modo che  nessuno può saperlo, ma questa grazia  chiede l’accoglienza, e l’accoglienza passa dalla vigilanza quella che sa andare oltre ai segni, in sé pur buoni,  e riconoscervi la presenza di “un Altro”  “Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.”

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