OMELIA XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno C  LETTURE: Am 8, 4-7; Sal 112; 1 Tm 2, 1-8; Lc 16, 1-13

 

Trovo in queste letture due provocazioni a mio avviso molto importanti

  • La scaltrezza usata dall’amministratore infedele, lodata da Cristo per raggiungere il suo fine, Indicata come “metodo” dell’agire
  • La denuncia di una ricchezza fine a se stessa,  a favore di una ricchezza capace di costruire giustizia,  fraternità e vita eterna.

 

La prima sottolineatura: quando ci si tiene ad una cosa, si diventa Intelligenti (capaci di leggere in profondità la realtà che si sta vivendo), sino a trovarne la soluzione relativa al fine che ci interessa. E’ come se Cristo ci dicesse: la fede che hai ricevuto, la vivi così?  L’hai veramente a cuore,  a tal punto che, di fronte a qualsiasi difficoltà, pur di rimanervi fedele, riesci ad escogitare strade, risposte, attente a non ridurla?   Oppure sei l’uomo del  compromesso, dove ogni giustificazione è possibile, naturalmente facendo leva su altri impegni che professi “seri”, per mettere in pace la coscienza? Il Signore non chiede l’impossibile, ma, per natura, la passione vera verso una persona, quindi anche verso di Lui, ci fa ricercare l’impensabile pur di non tradire …  è la legge dell’amore!

Ogni tentazione demoniaca è sempre caratterizzata dal farci credere che quello che dobbiamo fare è sempre più importante dei nostri doveri religiosi, che le nostre scelte per essere all’altezza dei tempi devono adeguarsi ai criteri che ci circondano …  e via dicendo.  E noi spesso ci lasciamo convincere, dimenticando che il Signore non è venuto per toglierci qualcosa, ma perché ogni cosa sia vissuta oggi in maniera sovrabbondante, anticipo e inizio della vita eterna.

 

L’esempio di oggi è l’uso della ricchezza: la seconda provocazione

Sarebbe interessante, come punto di partenza, riflettere: a partire da quali ideali “traffichiamo” i beni che possediamo?

Tutti motivi seri …  ?! Che giustificano anche le ingiustizie che procurano, a tal punto da silenziare il nostro io, la nostra coscienza? ( vedi la prima lettura)

 

Cristo non ha mire ideologiche, non demonizza nulla, ma ci ricorda che ci sono modi di usare la realtà che la demonizzano.  “Tutto è Vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”

“Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.”

 

Per capire il perché la ricchezza, in mano ad una persona, è spesso “disonesta”, dovremmo ripercorrere tutto l’insegnamento della dottrina sociale della chiesa che,, ponendo a fondamento la Parola di Dio, riconosce in ogni bene ricevuto una “funzione sociale”. Chi se ne appropria e la vive solo per sé, riduce la realtà ad essere “egoistica”.  Essa potrà essere riscattata solo nella Carità, ridandogli così quella funzione per cui il Creatore l’ha voluta.

 

E la carità non è l’elemosina, ma la natura di Dio e di chi si coinvolge con Lui.

La prima carità è verso sé stessi: Ogni cosa posseduta egoisticamente è incapace di soddisfare veramente il nostro cuore, basti pensare alla paura del “perdere”. Al contrario ogni cosa vissuta nella Carità diventa feconda. L’esperienza ci dice che ogni fecondità arricchisce il proprio cuore e genera attorno a sé una vita più umana, più giusta, più vera. Una vita d’amore che arricchisce chi condivide e chi è chiamato a condividere. Questo già oggi come albore di quella “carità” che vivremo in eterno in Dio. “perché Dio sia tutto in tutti.”

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