OMELIA XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno C

LETTURE: Es 32, 7-11. 13-14; Sal 50; 1 Tm 1, 12-17; Lc 15, 1-32

 

“Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.”

La gioia si realizzerà un giorno in cielo e oggi nel nostro cuore solo ad una condizione: se ci riconosceremo peccatori.

 

San Paolo nel brano odierno, testimonia con la sua vita ciò che da concretezza a questa  affermazione:  “Cristo Gesù Signore nostro, mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio, me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. …    e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato”

“ Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io.”

 

Riconoscersi peccatori, per sperimentare la gioia del perdono!

In una cultura “relativistica” come la nostra non è facile riconoscere il peccato, la sua radice …  non è facile riconoscersi peccatori, e scoprirci tali nel profondo di noi stessi. E’ questo atteggiamento ci impedisce l’esperienza di San Paolo e la conseguente gioia che nasce dall’ essere amati, nonostante tutto.

Per noi, il peccato è spesso ridotto a qualche gesto di “maleducazione”, (ho detto parolacce … non sono andato d’accordo …)  manca la coscienza della centralità di Cristo nella nostra vita e delle scelte che ne conseguono, per cui tutto si misura con metodo umano, anche lo sbaglio, che rimane un  gesto da riparare con le nostre piccole o grandi forze. Un gesto, dove l’esperienza del “per-dono” non è poi così fondamentale … e se “bisogna” confessarsi lo si fa senza troppa convinzione e senza la ricerca di una esperienza vera di “gioia riconquistata”. (sarebbe interessante riflettere sulla crisi del Sacramento del perdono e le sue vere radici: manca la coscienza del peccato “cosa devo dire?”, e manca,  come risultato, la gioia di una rigenerazione “sono sempre quello di prima”).

Le prime due parabole oggi proclamate, hanno il loro compimento nella Parabola del Figliol prodigo”.  Qui, l’esperienza del Perdono è il frutto di un cammino, dove le varie tappe sono fondamentali per arrivare all’abbraccio gratuito e alla festa del Perdono. La Chiesa ha sempre indicato queste tappe come condizione fondamentale per vivere una buona confessione e fare esperienza di una novità “stupenda” che non potrà essere barattata con nessun altra condizione, che neanche il fratello maggiore, che si sente giusto, non riesce a capire, e per cui non può neppure gioire.

 

Più che dal Figliol prodigo, noi siamo rappresentati da quel popolo che si è costruito il “Vitello di metallo fuso” e ci siamo messi ad adorarlo convinti che la nostra forza viene da lì e non ci accorgiamo dei risultati … del male che generiamo in noi e attorno a noi.

Piace  scoprire in questa situazione drammatica, l’intercessione del “giusto” che ottiene “misericordia”.  Tutta la tradizione della Chiesa ha sempre insegnato e caldeggiato la preghiera per i peccatori “di cui il primo sono io”, direbbe sempre san Paolo. Chi ha coscienza del proprio male non può dimenticare questa “solidarietà” nella supplica
“per sé e per il mondo intero”, perché “l’ignoranza” dell’uomo che lo fa “presuntuoso”, possa scontrarsi “sulla via di Damasco” con  il volto di un Padre che, proprio per questa intercessione “si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.”

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