OMELIA XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno C    LETTURE: Sap 18,3.6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48

 

“Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.”

Siamo stati scelti, un grande onore segno dell’amore di cui siamo amati, ma per un grande compito di cui dovremo rendere conto un giorno, come i servi della parabola, al ritorno del loro padrone.

Un rendere conto non certo moralistico, frutto della paura di essere giudicati incapaci, ma la gioia di testimoniare un amore di predilezione ricevuto, che si è fatto vita.

Gesù indica anche la strada perché questo compito possa prenderci completamente e non sia distratto da altro, conducendoci così al vero risultato finale:  “Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.”

Ritorna il tema di domenica scorsa: un appello al distacco dai beni materiali in vista della liberazione e della realizzazione della persona.

 

Un distacco perché la fede, che implica la sequela e l’abbandono al progetto a cui siamo stati chiamati, porti i suoi frutti. L’autore della lettera agli Ebrei ci fa l’esempio di alcuni personaggi biblici. Tutta la vita è incentrata non su loro,  ma su  Colui che li aveva chiamati, perché attraverso di loro si potesse realizzare   “la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso”

 

Come è concreto il richiamo di Gesù! Basterebbe guardare alla vita di noi cristiani e domandarci con sincerità: “che cosa abbiamo di più caro al mondo”?

I nostri buoni progetti? I valori? Il lavoro, lo studio …  oggi la vacanza? Ma questo, direbbe il Vangelo “lo fanno anche i pagani!”, per questo non è necessario andare in chiesa

 

Poi l’Imperatore chiama a sè tutti i membri della Chiesa disponibili a collaborare, e quasi tutti corrono da lui con grida di gioia. Ma lo starets Giovanni, il più anziano tra i prelati [capo della chiesa Ortodossa ndr], non si muove. L’Imperatore, colpito da tanta ritrosia, si rivolge a lui, e a Papa Pietro II [capo della chiesa Cattolica ndr] che è rimasto con lui, e rivolge loro queste parole: «Strani uomini! Che volete da me? Io non lo so. Ditemelo dunque voi stessi, o cristiani abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi, condannati dal sentimento popolare; che cosa avete di più caro nel cristianesimo?». «Grande sovrano!» risponde lo starets. «Quello che noi abbiamo più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacchè noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità». (da iDiscorso dell’ Anticristo di Vladimir Solov’ ev)

 

Saremmo disposti anche noi a vendere tutte queste cose “buone”, che l’imperatore, il potere dominante vorrebbe farci fare per costruire la “città perfetta”, per mettere Cristo al centro della nostra vita, come la realtà più cara, come il tesoro più vero?

 

Allora i progetti, i valori, il lavoro, lo studio, la vacanza acquisterebbero un altro contenuto, simile a quello che sperimenti quando tutto quello che fai, lo fai per far felice la persona amata e per sentirvi amati insieme e non semplicemente per essere buono.

L’Imperatore vuole persone brave, collaboranti ….  ma al suo progetto! (così è ogni potere …!) Lo starets Giovanni e il papa Pietro rimangono uomini strani per questo potere, perché non vogliono collaborare ad un “progetto buono” (ma buono…. deciso da chi?) ma vogliono affermare che nella vita c’è altro, c’è un Amore attorno al quale tutto gira e che in quanto tale non può essere governato solo da valori cosi detti buoni.

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