OMELIA II DOMENICA DI PASQUA “della Divina Misericordia” (Domenica dell’Ottava di Pasqua)

Anno C

 

LETTURE: At 5, 12-16; Sal 117; Ap 1, 9-11.12-13.17.19; Gv 20, 19-31

 

Fin dal suo nascere la comunità Cristiana,  sperimenta in mezzo a sé il risorto che ora opera attraverso Pietro e la Sua Chiesa: infatti,  “Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. “ Ciò che compiva Gesù, oggi lo compie il “Corpo Mistico” di Gesù ….  Ma dove attinge questo “corpo” la consapevolezza di questo suo compito e di questo suo operare?

 

“Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso.”   Nel giorno ottavo della resurrezione, eccoli tutti  nuovamente riuniti per fare memoriale di questo grande evento,  per celebrare con i segni consegnati il Giovedì Santo la Pasqua settimanale … e Gesù risorto sta in mezzo a loro, lo percepiscono vivo e reale, con i segni della Passione, con il desiderio di riconfermarli, soprattutto per sostenere chi è più fragile.

 

La nostra riflessione chiederebbe ora di fermarsi un attimo per dare un giudizio a questo gesto che da duemila anni noi, come Chiesa, celebriamo ogni Domenica.

 

Un precetto da assolvere, è l’espressione più comune, che ancora oggi va per la maggiore e condiziona spesso la sua celebrazione.

La parola “precetto” per noi moderni suona male, sembra una imposizione. Al contrario sottolinea una necessita senza la quale non si vive, si muore spiritualmente: L’obbligo è una imposizione dove la libertà ha un ruolo … La necessità, al contrario è una dimensione intrinseca alla vita venendo meno alla quale, viene meno la vita. Un esempio: è una necessità mangiare, non un obbligo. E’ una necessità andare a Messa ogni domenica, non un obbligo. Già i Martiri aunianensi, pagando di persona con il martirio, affermarono davanti all’imperatore “sine Dominico non possumus” Senza l’Eucaristia Domenicale noi non reggiamo come cristiani!

Una necessità dunque,  ma una necessità non da subire ma da accogliere e interiorizzare, come con intelligenza uno assolve  la necessità del magiare scegliendo cibi adatti alla sua reale situazione.

 

Non è certo una presenza  semplicemente “fisica” che “assolve” il precetto, né l’arrivo in chiesa in tempo utile, come si diceva una volta, prima che il Sacerdote “scopra il calice”,   Ma il coinvolgimento personale con la Parola ascoltata, con L’Eucaristia ricevuta secondo le norme che la chiesa indica, con la preghiera e il canto,  e con tutto quanto aiuta a far si che sia un incontro vitale di abbandono fiducioso a Colui che ancora “muore e risorge” per la nostra salvezza, che ancora compie segni  “perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”

Uscire dalla Chiesa con La certezza di aver vissuto un incontro che cambia e che fa della fede, come per Tommaso, una esperienza sempre più adulta.

Ciò che non è per la vita, ciò che non fa crescere la vita, non serve. Venire a Messa o è un momento della vita, per la vita,  o altrimenti rimane un peso: un obbligo da assolvere perché la coscienza rimanga tranquilla di fronte ad un dovere da compiere.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

I commenti sono chiusi.