OMELIA II DOMENICA DI QUARESIMA

Anno C    LETTURE: Gn 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28b-36

 

L’obbedienza al Padre chiede la Croce, (Vangelo di domenica scorsa) ma trasfigura la vita.

 

“Quando Dio irrompe nella vita di un uomo sconvolge piani, sra­dica sicurezze, domanda la rinuncia a progetti e ambizioni personali, chiede incrollabile fiducia nelle sue proposte. Ma ciò che egli prospetta supera ampiamente ogni attesa e previsione umana. . Abramo e Cristo, non a caso scelti come personaggi-chiave di questa domenica, nella loro disponibilità e obbedienza sperimentano la risposta di Dio” ( vedi sito www.maranatha.it)

 

Come è possibile scoprire in noi questo piano di Dio e seguirlo?

 

Abramo è invitato alla contemplazione, al silenzio davanti ai segni della natura,  Dio, alla domanda del Suo “servo” , risponde con un patto di Alleanza, con una proposta e con un aiuto concreto per realizzarla.

 

Gesù si ritira sul monte a pregare e in questo atto di profonda comunione con il Padre, Gli viene anticipato il Mistero della resurrezione che sosterrà lo scandalo Suo e dei discepoli davanti alla Croce.

 

La preghiera, una delle parole fondamentali della quaresima, che interiorizza l’Ascolto e lo personalizza: “Dio lascia all’uomo la fatica di scoprire il suo disegno, di cercare il senso della sua volontà nello svolgersi dell’esistenza. Per la vita cristiana l’esperienza della preghiera diventa momento illuminante.“ (www.maranatha.it). Diventa momento di comunione che anticipa e sostiene lo scandalo della fatica a cui si è chiamati nel percorso verso la propria pienezza.

 

Sarebbe interessante un piccolo esame di coscienza per capire che cosa è per noi la preghiera?  “ L’orazione cristiana non può essere l’ultima spiaggia o l’estremo rimedio dei disperati, né una specie di contratto sindacale. Essa è invece «espressione di un’esistenza debitrice» (W. Kasper), momento in cui si approfondisce la comunione con il Padre e si esprime la relazione filiale nell’ascolto e nel dialogo; momento di confronto, di decisioni coraggiose e di conversione. Il cristiano che prega, infatti, prende le distanze dall’autosufficienza del mondo, consente a Dio di trasformargli il cuore, si lascia guidare dallo Spirito per essere plasmato a immagine del Figlio. Se si confronta con disponibilità la propria vita con la logica che ha guidato Cristo alla solidarietà con gli uomini e con la sua obbedienza al Padre, senza malinconici ripiegamenti su se stessi, si esce cambiati e si ritorna ai fratelli con il segno dell’incontro con Dio.” (www.maranatha.it).

 

San Paolo alla comunità di Filippi ricorda con concretezza il senso del “digiuno”, contesta l’atteggiamento del mondo  “il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.”,. Questo atteggiamento impedisce di accorgersi che siamo fatti per altro, di dare così spazio a quella dimensione di “silenzio”  che ci fa sperimentare in albore che: “La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.” E con questa coscienza gridare con il Salmo: “Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.

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