OMELIA XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

    Anno B

LETTURE: Is 50,5-9a; Sal 114; Gc 2,14-18; Mc 8,27-35

La fede nasce dall’ascolto (Vangelo di domenica scorsa)  e dalla grazia del Signore. Essa chiede di  “essere detta”, di esprimersi chiaramente, a tal punto che oggi l’apostolo San Giacomo può affermare: “Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.” Questa fede, “nata”, come ogni esperienza vera, chiede di crescere, ogni giorno, sempre di più. Non è data una volta per tutte, anzi, ogni giorno va riconquistata.

La fede non è “sapere tutto di Gesù”, non è il “che si dice di me?” nel Vangelo, nel catechismo, nelle prediche in chiesa, ma “Chi sono io per te?”, cosa centro con la tua vita, come la muovi in riferimento all’incontro fatto…  (ogni incontro fatto, modifica la vita o non è incontro: pensiamo a quello per eccellenza quello dell’innamoramento, del fidanzamento che arriva a lasciare la propria casa, i propri affetti, per costruirne un’altra, per dare spazio a nuovi rapporti)

Un incontro, come è nella sua natura, mette davanti a sé un’altra persona e chiede di “conoscerla”, approfondendo il suo essere con la frequentazione, per allontanare da sè ogni pre-concetto, ogni già deciso “chi sia Lui per me”

Nella vita, sono i fatti, e magari quelli più difficili a comprendersi, che ci costringono a convertire la nostra idea o il modo di avvicinarci ad una persona,  così come è capitato a Pietro … , così da non ridurre il nostro rapporto.                                                                                                                                                                                                                                                             Avevano camminato tanto insieme, stavano bene insieme, sembrava che tutto finisse lì, avevano appena fatta l’esperienza della “trasfigurazione sul monte”: “Signore come è bello….!” e invece ora, è necessario un salto qualitativo, senza il quale, quella simpatia, quel “che bello”, non avrebbe potuto rimanere in piedi.

Se riflettiamo, questa è l’esperienza di ogni rapporto vero, anche il più affascinante, il più significativo: pensiamo al Matrimonio, pensiamo all’amore verso i figli…. Arriva il momento in cui la parola “Sacrificio” mette in discussione tutto, ma, senza quel salto qualitativo, nulla potrebbe continuare, nulla potrebbe essere costruttivo.

 

Pietro deve “cambiare”, “convertire” il suo modo di guardare a Gesù, deve saperlo accettare per quello che è, e non per quello che lui si  immagini sia.        Per operare questo passaggio, c’è bisogno di uno “scandalo”, una “rottura” che costringa ad un lavoro, non facile, ma indispensabile.

La fede che si scontra con la fatica del vivere, con il dolore, con gli scandali della chiesa, con la povertà dei miei tradimenti e di chi mi sta accanto, o lavora per questo salto qualitativo o muore.

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