OMELIA XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno B

LETTURE: Gs 24,1-2a.15-17.18b; Sal 33; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69

 

Con l’ultimo brano del Capitolo VI di s. Giovanni la nostra riflessione è chiamata ora ad un giudizio: Gesù non raddolcisce le sue parole per renderle accettabili, ma provocatoriamente si rivolge ancora ai suoi, i pochi rimasti, perché arrivino ad una decisione. Pietro a nome di tutti confessa l’ apertura del proprio cuore con una frase rimasta storica: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

“Signore, anche noi abbiamo capito poco o niente di quanto ci hai detto, ma se ci allontanassimo da te, dove andremo a finire? In questi anni, stando con te, abbiamo capito che il nostro cuore  è amato, si sente  accolto e realizzato, non possiamo non darti fiducia anche davanti a questa proposta che sconvolge il nostro intelletto!”

Quanta ragionevolezza in questa risposta, come il bambino che sta bene con il papà e la mamma e non ha paura ad abbandonarsi anche quando non capisce, perché amato, e la natura ci assicura che chi ama non può ingannare l’amato.

E’ lo stesso ragionamento del popolo d’Israele provocato da Giosuè in Sichem. Entrati nella terra promessa sono chiamati tutti a prendere una decisione, da che parte stare. Ecco la risposta: : «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dei …”, ma perché ci si può abbandonare così, senza troppi ripensamenti, senza paura di compiere un passo falso? Quale il motivo?:   “Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati.”

Anche S. Paolo oggi chiede un’apertura del cuore al dono di chi ci sta accanto e che nella provvidenza di Dio, come il marito per la moglie e viceversa, sono stati data l’uno all’altra per la propria realizzazione. Questa apertura del cuore è possibile solo nella riscoperta della parola “dono”, di cui solo una storia è testimone. Nei momenti della fatica, dipendere, continuare ad amarsi è possibile solo se c’è, se c’è stata un’esperienza documentata di reciproco sostegno, che ha fatto crescere umanamente la vita, e quindi, logica vuole, continuerà a farla crescere..

La fede cristiana, non è fideismo come spesso accade in altre esperienze religiose, è una disponibilità del cuore e della mente che si fonda su una esperienza positiva ragionevole.

Oggi forse manca la fede perché manca questa esperienza, e Dio rimane un “Tu” lontano, che ordina cose ormai percepite assurde, percepite lontane da una esperienza di vera realizzazione. Un Dio così non interessa a nessuno!

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